Digitalizzazione nei trasporti marittimi, una necessità osteggiata

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La notizia che IBM e A.P. Moller – Maersk dismetteranno la piattaforma blockchain TradeLens per mancata ‘viabilità commerciale’ rischia di mettere una pietra tombale sulla tecnologia, quando a mancare è la partecipazione

L’economia del mare, intesa come trasporti e movimentazione merci, è tra le più in salute del pianeta, persino rafforzata dallo scossone pandemico del 2019-2020 e per nulla intimorita dallo scontro tripolare USA-Russia-Cina. È, però, allo stesso tempo una delle meno propense all’innovazione hardware (navigano le stesse navi da mezzo secolo) e a quella digitale: un’arma a doppio taglio, visto che i dati relativi a spedizioni, stoccaggi e movimentazioni mercantili sono davvero tra i più ‘Big’ che si possano pensare, ma risultano depotenziati da un’ottica privatistica, ‘confidenziale’ nella migliore delle ipotesi, che ne impedisce la condivisione a favore di tutto il settore.

Nel 2018 nientemeno che IBM, per la parte informatica, e A.P. Moller – Maersk, per quella logistica marittima, annunciarono al mondo la nascita di TradeLens, una piattaforma digitale basata su tecnologia blockchain mirata a raccogliere e integrare dati, digitalizzare documenti e permessi, incrociare esigenze e normative, fungendo da ‘fluidificante’ per la burocrazia legata al commercio marittimo e da collettore dei reali bisogni del comparto della movimentazione marittima.

Oggi IBM-Maersk comunica che la piattaforma sarà gradualmente smantellata entro il primo quarto fiscale del 2023, garantendo la continuità dei servizi per quanti ne stessero usufruendo tramite il trasbordo su altri canali delle due società, ma sancendo di fatto l’abbandono del progetto in quanto ‘non viabile commercialmente’.

Si tratta di una notizia delicata, perché l’onda d’urto può facilmente travolgere la digitalizzazione del settore, confondendo gli effetti con le cause e non distinguendo il reale bisogno di digitalizzazione del settore.

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Una grande rivoluzione (mancata)

Quella di TradeLens è la parabola di una rivoluzione mancata, ma soprattutto di un’occasione sprecata. La piattaforma nacque nel 2018 dalla joint venture tra il colosso informatico IBM e Maersk, che ovunque nel mondo vuole dire solo una cosa: container via nave.

Immediatamente ricevette dozzine di adesioni da parte di società terze, perché, in effetti, si trattava della risposta che tutto il settore marittimo dei trasporti stava aspettando, ossia un’unica piattaforma che digitalizzasse i processi, li snellisse e li rendesse dialoganti sia tra privati che tra pubblico e privati.

TradeLens si poneva come la ‘rivoluzione digitale’ della Supply Chain: smaterializzava quintali di documenti altrimenti cartacei, ne velocizzava l’iter (si pensi a carte di imbarco/sbarco) e accelerava le transazioni economiche; il risultato plausibile era uno solo, la crescita di tutto il settore degli scambi logistici via mare.

Soprattutto, TradeLens si faceva portatrice di una missione ‘superiore’, far adottare un approccio comune all’intero settore e far comprendere quanto ciò portasse ad una spartizione di benefici per tutti, nessuno escluso.

 

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Risposte positive

In effetti la Supply Chain, ma anche la controparte istituzionale, quella normativa, sembrò apprezzare da subito, portando molte autorità portuali, molti shippers e molti armatori a dialogare per definire regolamenti comuni in modo da rendere funzionante la piattaforma.

TradeLens sfrutta il principio della blockchain, dunque offre garanzia di incorruttibilità nei suoi processi, permettendo di certificare ogni suo passaggio come effettivamente valido a livello legale.

Questo non è però bastato, portando adesso IBM-Maersk a decretare che sia meglio dismettere il progetto, piuttosto che portarlo avanti.

photo credit: Lance Cunningham Centerline – METTE Maersk via photopin (license)
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Eutanasia di un sogno

La ‘morte’ di TradeLens ha una giustificazione ufficiale: il mancato raggiungimento di una ‘viabilità commerciale’. Tradotto, significa che non ci sono stati attori dell’industria globale a sufficienza che hanno aderito al suo utilizzo per sorreggerne i costi operativi.

Dunque quella di Maersk ed IBM è una decisione abbastanza tipica, d’altronde un progetto lo si testa apposta per capire se cammina con le proprie gambe o se ha continuamente bisogno di essere sorretto.

Il problema di fondo è che, a detta degli stessi operatori mondiali del trasporto e della movimentazione container via mare, le esigenze che portarono alla nascita di TradeLens sono ancora tutte sul piatto, anzi, a partire dal 2019 si sono rafforzate.

 

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Il bambino e l’acqua sporca

Si rischia così di avverare il detto popolare che recita ‘buttare via il bambino con l’acqua sporca’, confondendo ossia il fallimento di uno strumento con la validità dell’idea e della tecnologia usata: la blockchain funziona nel mondo della finanza, ma attorno ad essa vi è diffidenza da parte dei settori abituati a rapportarsi con una quotidianità molto materiale e poco digitale.

Nel caso della Supply Chain il rischio è di leggere in trasparenza attraverso l’esito dell’esperienza TradeLens una brutta attitudine dell’industria logistica, vale a dire la scarsa propensione a collaborare sommata alla forte resistenza nei confronti delle innovazioni digitali e metodologiche.

La visibilità dei fornitori, l’andamento delle spedizioni, la smaterializzazione di permessi e carte doganali, sono tutti elementi di facilitazione per la crescita del settore, eppure l’approccio di molti è ancora proteso alla castrante logica dell’ognun per sé. 

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