Cerca
Chiudi questo box di ricerca.

Incendi nello Shipping: dal Cargo Integrity Group un allarme sul rispetto del Codice IMDG

Condividi

Il Cargo Integrity Group, partnership industriale che emana linee guida per la sicurezza dei carichi containerizzati e imbarcati, ha lanciato un alert per la sicurezza globale del trasporto marittimo: il settore deve prestare maggiore attenzione al rispetto del Codice IMDG dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), che regola la movimentazione delle merci pericolose via mare. 

Troppe merci definite reattive, infiammabili e mal dichiarate continuano ad essere imbarcate nei container, causando incendi devastanti e spesso dagli esiti tragici.

Secondo il consorzio, formato da attori chiave del comparto marittimo come il World Shipping Council, FIATA e il Global Shippers Forum, è urgente una maggiore sensibilizzazione sulla corretta classificazione e imballaggio delle merci pericolose

L’adozione delle buone pratiche contenute nel CTU Code è ritenuta essenziale per la sicurezza dei carichi e degli equipaggi, ma non ancora sufficientemente implementata nelle prassi di tutto lo Shipping.

Incendi a bordo: statistiche e tendenze

Gli incendi che coinvolgono navi cargo non godono di statistiche favorevoli e risultano essere in crescita negli ultimi anni – gli stessi che hanno d’altronde visto aumentare i volumi di merci containerizzate che viaggiano per mare. Secondo l’assicuratore Allianz Commercial, nel 2022 si sono registrati 209 incendi marittimi, dato che ha segnato un record decennale.

Il trend registrato nel 2022 non è andato migliorando, se è vero che, nel 2023, il Cargo Incident Notification System ha stimato una media di un incendio ogni 9 giorni su navi container. 

Guardando più in generale, in un orizzonte che comprende gli ultimi cinque anni, ben 64 navi sono state perse a causa delle fiamme.

Sulle dinamiche dei sinistri è stato registrato che il 25% degli incidenti gravi è di solito legato a merci pericolose mal dichiarate – come carbone, batterie al litio e prodotti chimici – e tra le cause più frequenti ci sono cortocircuiti, reazioni chimiche spontanee, guasti agli impianti elettrici e imballaggi inadatti. 

L’incremento del traffico di veicoli elettrici (EV) ha accentuato il problema, con incidenti come quello di giugno 2025 della nave bisarca Morning Midas, che è affondata nell’Oceano Pacifico del Nord, al largo dell’Alaska, dopo essere salpata con un carico di veicoli nuovi dal Messico.

Carichi ad alto rischio e lacune normative

Il Cargo Integrity Group ha individuato tre categorie di merci problematiche:

  • quelle cosiddette ‘reattive’, ossia batterie al litio, carbone, ipoclorito di calcio, cotone, farina di pesce, panello di semi.
  • quelle a rischio di fuoriuscita, come oli vegetali in flexitank, bitume, vino, burro di cacao, motori riciclati
  • quelle mal imballate, che possono essere tronchi, bobine d’acciaio, marmo, granito, e che possono causare ribaltamenti o disequilibri durante la navigazione.

In teoria le normative che prescrivono come imballare, maneggiare e trasportare queste tipologie di merci esistono – ci sono codici come l’IMO IMDG e il CTU (l’IMO/ILO/UNECE Code of Practice for Packing of Cargo Transport Units) – ma la loro applicazione è spesso carente, soprattutto nei porti minori e in alcuni Paesi in via di sviluppo

L’industria dello shipping – che deve anche tenere in considerazione l’età media delle navi in servizio, spesso con un’anzianità trentennale e sistemi antincendio non sempre all’avanguardia – ha iniziato anche per questo ad adottare misure correttive come sensori intelligenti, estintori marini avanzati e software per la verifica automatica delle dichiarazioni riguardo ciò che viene imbarcato.

Tuttavia, la complessità della catena logistica, la sua frammentazione in subappalti su scala mondiale e la pressione economica continuano a ostacolare controlli rigorosi; anche per questo il Cargo Integrity Group chiede più ispezioni, trasparenza e formazione degli operatori.

Ti potrebbero interessare