Una nuova ondata di instabilità sta attraversando il Mar Rosso a causa della recente ripresa degli attacchi da parte delle milizie filo-iraniane Houthi che hanno per obiettivo proprio le rotte marittime del Mar Rosso, riaccendendo il clima di tensione in quella che è una delle vie commerciali più importanti al mondo.
Dopo un periodo di relativa calma, la guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran ha spinto la milizia yemenita a rimettere nel mirino cargo e petroliere in qualche modo legate a Tel Aviv e a Washington, l’altra artefice degli attacchi a Teheran.
Due navi sono state affondate e alcuni marinai hanno perso la vita, mentre altri sono stati sequestrati, riportando l’attenzione degli armatori sui rischi crescenti per la navigazione commerciale.
Premi assicurativi alle stelle: dallo 0,2% all’1%
Gli armatori hanno sentito la ripresa degli attacchi sulle rotte mediorientali in modo immediato e significativo: il premio assicurativo per transitare nel Mar Rosso è balzato da uno 0,2–0,3% a circa l’1% del valore della nave, come riportato da Marsh McLennan, il principale broker assicurativo globale.
La crescita riflette l’allarme degli assicuratori: il pericolo sulla rotta tra Europa e Asia è tornato ai livelli dello scorso anno, quando nel novembre del 2023, la risposta militare israeliana all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre aveva innescato una serie di risposte da parte delle milizie affiliate al mondo filo iraniano, storicamente opposto a Tel Aviv.
I premi aggiuntivi, definiti “war-risk rates”, non sono semplici sovrapprezzi: rappresentano una barriera economica che ridefinisce il comportamento della flotta globale. Non è un caso che molti armatori scelgano ormai rotte alternative per evitare l’area.
Le ripercussioni sul commercio europeo
Le conseguenze si fanno sentire su più fronti: le navi che evitano il Mar Rosso devono circumnavigare l’Africa, aggiungendo oltre dieci giorni di viaggio e migliaia di miglia nautiche. Il costo del carburante per singola nave può lievitare fino a un milione di dollari, generando un effetto a cascata su tariffe di trasporto e tempistiche di consegna.
Le spedizioni tra l’Estremo Oriente e il Nord Europa sono salite del 124%, con un impatto diretto sui prezzi al consumo: le aziende europee, specialmente quelle con scorte limitate, rischiano ritardi critici e costi imprevisti.
Un’altra conseguenza riguarda la BCE, che potrebbe trovarsi costretta a mantenere tassi d’interesse elevati, complicando ulteriormente il quadro macroeconomico.
Quali sono i settori più esposti
Settori come l’agroalimentare, la moda e la meccanica, pilastri dell’export italiano, sono particolarmente vulnerabili: le difficoltà di trasporto compromettono la competitività sui mercati internazionali, con possibile perdita di quota di mercato per i porti mediterranei. Anche l’approvvigionamento energetico è a rischio, con petrolio e GNL tra le risorse maggiormente coinvolte – dallo stretto di Hormuz transita infatti una grossa quota del petrolio e del gas naturale mondiale, una parte diretta in Cina e Russia, ma una parte destinata anche ai nostri mercati.
Le Supply Chain si riorganizzano
Di fronte all’instabilità, molte aziende europee stanno accelerando processi di “nearshoring” e “friendshoring”, spostando la produzione in paesi più vicini e politicamente affidabili.
In questo quadro, il Nord Africa emerge come possibile alternativa per la manifattura e i flussi logistici, ridisegnando la geografia del commercio continentale.
In pratica, la ripresa degli attacchi Houthi nel Mar Rosso non è solo un problema militare, ma una questione di equilibrio economico globale, con conseguenze sui costi assicurativi e sulla logistica che stanno già mettendo a dura prova il commercio europeo, obbligando imprese e governi a ripensare modelli e strategie.