L’annuncio dell’amministrazione Trump di una nuova serie di dazi sulle importazioni, in particolare provenienti dall’Unione Europea, ha riacceso le tensioni commerciali transatlantiche.
A partire dal 1° ottobre, gli Stati Uniti introdurranno tariffe fino al 100% su farmaci, mobili e mezzi pesanti, con l’obiettivo dichiarato di proteggere la manifattura nazionale e incentivare la rilocalizzazione produttiva.
L’Europa, che aveva appena siglato un accordo commerciale con Washington, si trova ora a fronteggiare un quadro incerto, con potenziali ripercussioni su filiere industriali, logistica e mercati.
Farmaci: il nodo più delicato
Il settore farmaceutico è al centro della disputa. Trump ha annunciato dazi del 100% su tutti i farmaci importati, salvo quelli prodotti da aziende che stanno costruendo stabilimenti negli USA.
La misura mira a spingere le multinazionali a trasferire la produzione sul suolo americano, ma rischia nel frattempo di compromettere l’accesso a determinati trattamenti sanitari per molti pazienti, oltre che di interrompere catene di approvvigionamento consolidate.
L’UE ha ribadito che, secondo la dichiarazione congiunta siglata con Washington, i dazi sui farmaci europei non possono superare il 15%, tuttavia, l’accordo non è giuridicamente vincolante e la Casa Bianca non ha ancora chiarito se le nuove tariffe escluderanno effettivamente i prodotti europei.
Le aziende farmaceutiche per adesso mantengono un atteggiamento prudente, temendo ripercussioni su costi e distribuzione.
Automotive e arredamento: protezionismo in espansione
Oltre ai farmaci, l’amministrazione USA ha imposto dazi del 25% sui mezzi pesanti e del 50% sui mobili da cucina e bagno. Trump ha motivato la decisione con la necessità di difendere la sicurezza nazionale e il settore manifatturiero, affermando che gli Stati Uniti sono “inondati” da questi prodotti esteri.
Per l’Europa, queste misure rappresentano un ostacolo significativo, soprattutto per le aziende esportatrici di veicoli industriali e arredamento. Il grande problema è che le filiere produttive sono spesso integrate tra paesi UE e USA e potrebbero quindi subire rallentamenti, aumenti dei costi e riorganizzazioni logistiche.
In questa prospettiva, pare che le imprese europee debbano valutare se investire in stabilimenti sul suolo americano o se diversificare i mercati di sbocco.
Semiconduttori: verso una sovranità tecnologica USA
Secondo il Wall Street Journal, Trump sta elaborando un piano per ridurre la dipendenza americana dai chip esteri. Secondo un meccanismo di contrappesi ideato dalla Casa Bianca, le aziende produttrici dovranno garantire una produzione interna pari a quella importata dai clienti, pena l’imposizione di dazi.
Questa strategia, qualora attuata, potrebbe essere un duro colpo per le imprese europee del settore che esportano semiconduttori negli USA. La logistica globale dei chip, già sotto pressione a causa di carenze e di tensioni geopolitiche, rischia ulteriori frammentazioni.
Di fronte a questo scenario, l’Europa dovrà rafforzare la propria capacità produttiva, ma anche quella negoziale, per restare competitiva.
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Acciaio e risposta europea: difesa e rilancio industriale
Parallelamente, Bruxelles si prepara a introdurre dazi tra il 25% e il 50% sull’acciaio cinese, oltre che a vincolare gli appalti pubblici a regole “Buy European”.
Metropolitane, ponti e ferrovie dovranno essere costruiti con acciaio ‘verde’ europeo, mentre le flotte aziendali saranno incentivate a scegliere auto elettriche europee.
Queste misure, secondo il vicepresidente della Commissione Stephane Sejournè, mirano a ristabilire l’equilibrio con partner che non rispettano più le regole. L’UE punta quindi a rafforzare il mercato interno, a ridurre le barriere commerciali e a proteggere settori strategici.
Scenari in evoluzione
Le nuove tariffe USA rappresentano un ulteriore cambio di passo nella politica commerciale americana, con effetti potenzialmente dirompenti per l’Europa.
Le filiere produttive transatlantiche, la logistica e i mercati dovranno adattarsi a un contesto più protezionista e necessariamente più frammentato. L’UE, seppur colta di sorpresa, sembra però intenzionata a rispondere con misure difensive e strategie industriali più autonome.