La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emesso un comunicato che sintetizza la posizione espressa con la sentenza di condanna per i “costi minimi” per l’autotrasporto elaborati dall’Osservatorio non più attivo. Eccone di seguito alcuni stralci.
Le norme dell’Unione risultano violate “qualora uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione di intese vietate, rafforzi gli effetti di tali intese oppure ancora revochi alla propria normativa il suo carattere pubblico delegando a operatori privati la responsabilità di adottare decisioni di intervento in materia economica. In secondo luogo, per quanto riguarda la normativa controversa nel procedimento principale, la Corte constata che l’Osservatorio, composto maggioritariamente da rappresentanti di associazioni di categoria e abilitato ad agire nell’interesse esclusivo della categoria, dev’essere considerato un’associazione d’imprese direttamente soggetta alle regole di concorrenza. Di conseguenza, la fissazione dei costi minimi d’esercizio impedisce alle imprese di fissare tariffe inferiori a tali costi. Pertanto, limitando la libertà degli attori del mercato di determinare il prezzo dei servizi di trasporto di merci su strada, la normativa italiana è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno. In terzo luogo, la Corte rileva che la determinazione dei costi minimi non è idonea, né direttamente né indirettamente, a garantire il conseguimento dell’obiettivo legittimo fatto valere dall’Italia per giustificare la restrizione della concorrenza (vale a dire la tutela della sicurezza stradale). Infatti, la normativa nazionale si limita a prendere in considerazione la sicurezza stradale in maniera generica, senza stabilire alcun nesso tra essa e i costi minimi. Inoltre, il provvedimento contestato va oltre quanto necessario per il rafforzamento della sicurezza stradale. Date tali circostanze, la Corte dichiara che la normativa italiana non è compatibile con il diritto dell’Unione”.
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