Autotrasporto in… sostenibile!

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Nei mesi scorso l’IRU, l’organizzazione mondiale che raccoglie le associazioni dell’autotrasporto, ha svolto un’indagine da cui emerge una mancanza di autisti in Europa del 21% rispetto alla domanda.

In Italia secondo Conftrasporto il mercato dell’autotrasporto è in sofferenza
di 15.000 di autisti professionisti, anche in considerazione del basso turnover dovuto alla mancanza di vocazione tra i giovani.

Secondo l’Osservatorio “Contract Logistics” del Politecnico di Milano negli ultimi due anni il 49% delle aziende committenti ha avuto difficoltà a reperire servizi di trasporto necessari, soprattutto nei periodi di picco, mentre il 63% delle imprese di trasporto ha incontrato difficoltà a reperire autisti.

Inoltre, da una analisi sui titolari di patente professionale svolta dal Ministero dei Trasporti, si evidenzia che oltre il 36% dei conducenti italiani si trova negli ultimi 10 anni di carriera e solo l’1,9% nei primi 10. Di conseguenza, a condizioni invariate, nei prossimi anni usciranno dal comparto dell’autotrasporto più autisti di quanto ne entreranno,
andando ad aggravare l’attuale situazione di crisi.

Sebbene negli ultimi anni le imprese di trasporto italiane abbiano assoldato autisti dai Paesi dell’Est Europa, oggi la crescita di quei mercati richiama in patria gli stessi autisti, seppur con uno stipendio minore ma con condizioni lavorative migliori. Infatti, tra le principali cause che hanno determinato l’allontanamento da questa professione sono le condizioni di lavoro (76% degli intervistati) e i lunghi periodi fuori casa (77%).

La carenza di autisti si riverbera non solo sui servizi di lungo raggio ma anche che per il trasporto dell’ultimo miglio, ritenuto da una parte meno logorante ma indubbiamente meno redditizio, anche alla luce dei nuovi e sempre più frequenti limiti all’accesso ai centri urbani con mezzi di grandi dimensioni.

In questa situazione i prezzi del trasporto sono destinati ad esserne influenzati ma, paradossalmente, l’aumento dei prezzi potrebbe accompagnarsi a una diminuzione della qualità del servizio. Infatti, in assenza di un’offerta competitiva, anche i processi di selezione si stanno attenuando. Se ancora 5 anni fa c’era la coda degli autisti fuori
dai cancelli delle aziende, oggi la situazione si è ribaltata.

Se, da una parte, per molte aziende di trasporto la pressione sui costi ha reso impossibile l’evoluzione verso modelli maggiormente sostenibili sia dal punto di vista ambientale
(la flotta circolante in Italia è la più vecchia d’Europa) che sociale (ricorso a comportamenti illegali a discapito della sicurezza), dall’altra alcuni player che hanno resistito e non hanno partecipato alla cosiddetta “guerra tra i poveri”, ora crescono non solo di fatturato, ma comprano le aziende in difficoltà e, in alcuni casi, dettano i prezzi al mercato.

Ma come è possibile attrezzarsi per non rimanere al palo? Ispirandosi al principio chiave
del lean thinking “fare meglio con meno”, ritengo sia possibile per i nostri direttori logistici trovare una soluzione all’attuale problema del trasporto, agendo in particolare su alcune leve quali: la maggiore efficienza nel carico dei mezzi di trasporto, la maggiore visibilità degli ordini per migliorare la programmazione dei viaggi, il maggior ricorso a soluzioni intermodali che stemperino la dipendenza da trasporto su gomma per il lungo raggio, non solo ferroviario ma sfruttando se possibile le autostrade del mare.

E visto che il problema è diffuso e riguarda mittenti, trasportatori e destinatari, diventa sempre più importante collaborare per ricercare nuove soluzioni condivise.

A cura di Fabrizio Dallari – Direttore del Centro sulla Logistica e il Supply Chain Management, LIUC Università Cattaneo

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