Dal 16 al 20 luglio Pechino ha ospitato la terza edizione del China International Supply Chain Expo (CISCE), esibendosi come vetrina mondiale per il Paese asiatico e consolidandosi come appuntamento cardine per il commercio internazionale.
Quella 2025 è stata un’edizione record, all’insegna della cooperazione e dell’attrattività globale, come sbandierato dalle agenzie di stampa asiatiche: l’evento, promosso dal China Council for the Promotion of International Trade, ha visto la partecipazione di 1.200 espositori da 75 Paesi e oltre 210.000 visitatori, tra presenze fisiche e accessi digitali.
I dati forniti sono particolarmente positivi, con 6.000 accordi di cooperazione siglati, 24.000 sessioni di matchmaking tra aziende, 152 nuovi prodotti, tecnologie e servizi lanciati, che rappresentano il +67% sull’anno precedente. Significativo è che la quota di aziende internazionali è salita al 35%, con una notevole rappresentanza da Stati Uniti, Unione Europea e Giappone.
Non a caso, il CISCE 2025 è stato letto da molti anche in chiave geopolitica, come espressione del softpower di Pechino attraverso la Supply Chain sullo scacchiere internazionale, in parallelo alle tensioni internazionali che il commercio globale sembrano volerlo frammentare e atomizzare.
Innovazione e riconfigurazione strategica
Il CISCE 2025 si è posto non solo in quanto fiera, ma, nelle intenzioni degli organizzatori, come spazio per ripensare le supply chain in chiave collaborativa, resiliente e tecnologicamente avanzata, interpretando d’altronde quello che è il mood di questi anni.
Da questa edizione sono arrivate anche dei segnali di conferma per il ruolo strategico della Cina, la cui centralità come base produttiva mondiale già non era in discussione, ma alla quale si affianca il nuovo ruolo desiderato da Pechino di hub d’innovazione.
Una delle conferme più tangibili è stata data dalla presenza di oltre il 65% di aziende appartenenti alla lista Fortune 500 o, comunque, ritenute leader di settore.
Le imprese locali e globali hanno, quindi, trovato nel CISCE un’occasione per integrare tecnologie EV, biotech, rinnovabili e soluzioni digitali in una logica di valore aggiunto condiviso.
Crescita e fiducia nel sistema economico cinese
La robusta crescita del PIL cinese (+5,3% nel primo semestre 2025 secondo i dati ufficiali, sebbene in patria esistano analisi più critiche messe a tacere da Pechino) offre lo sfondo ideale per proiettare la Cina come garante di stabilità.
In un contesto globale segnato da rallentamenti (il FMI prevede un +2,8% nel 2025), la narrativa proposta dall’Expo è quella di una Cina capace di offrire accesso a un mercato dinamico, infrastrutture moderne e politiche industriali orientate alla cooperazione. Xi Jinping ha ribadito il valore del multilateralismo e l’apertura agli investitori internazionali, sottolineando come “credere nella Cina sia credere nel futuro”. Indubbiamente la Cina si sta ponendo in antitesi, almeno dal punto di vista formale, rispetto alle pratiche protezionistiche che prendono piede nel pianeta, cercando di mostrarsi aperta nei confronti di uno scambio ancora libero.
Logistica e soft power: Pechino e la nuova grammatica della cooperazione
L’evento rappresenta anche uno strumento di diplomazia economica, con la Cina che si mostra come l’architetto delle nuove reti globali del valore. La narrativa proposta contrasta quella occidentale sul decoupling, presentando invece un paradigma alternativo basato su interdipendenza selettiva e apertura pragmatica.
La partecipazione crescente di attori strategici, le parole del presidente Xi e l’interesse già espresso da 102 aziende per l’edizione 2026 (+50%) testimoniano un soft power che si esercita non più solo sulle regole, ma sulle connessioni. Una delle affermazioni rilasciate in un’intervista ai media cinesi da Li Xingqian, vice-chairman del CCPIT, è emblematica: “Senza collegamento con la Cina, è difficile collegarsi al mondo.”
In questo senso, il CISCE 2025 ha mostrato la mappa delle interazioni economiche che idealmente vorrebbe Pechino, all’interno delle quali la Cina non è un nodo, bensì il centro nevralgico di una rete, che si fonda sulla produzione e sulla Supply Chain globale.