Cyber-security, automazione e digitalizzazione: la sfida dei porti 4.0

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Cresce l’evidente necessità dei terminal portuali di passare ad infrastrutture IT avanzate: il caso studio dell’AUTOSEC Project di Magdeburgo è rivelatore

La cyber-security diventa, assieme ad automazione e digitalizzazione, argomento attuale anche per chi mastica di attività portuali, soprattutto legate alla terminalistica. Se da sempre i porti sono infrastrutture critiche, il cui ruolo strategico è indiscusso, è altrettanto vero che la loro evoluzione tecnologica via oggi di pari passo con una sfida difficilissima: coniugare la pesante e materiale infrastruttura di movimentazione delle merci con la digitalizzazione e i problemi legati alla sicurezza.

Uno stop delle operazioni in un terminal container può infatti ‘bruciare’ milioni e milioni di euro nel giro di poche ore.

Ecco dunque l’oggetto di una sperimentazione che vede protagonisti alcuni partner del Fraunhofer Institute, nella sua divisione Factory Operation and Automation, in un porto tedesco, quello di Magdeburgo, proprio per digitalizzare le operazioni logistiche e portuali in sicurezza.

In futuro verranno introdotte soluzioni automatizzate anche nel porto di Magdeburgo. © Fraunhofer IFF

Il primo passo: digitalizzare un porto

A ben vedere, la digitalizzazione delle operazioni portuali prende avvio ad una certa distanza dal porto stesso. Per arrivare ad automatizzare i movimenti container in un terminal è infatti necessario che le stesse merci siano inserite fin da subito in un network che si interfacci con il porto di destinazione.

Sono dunque proprio i movimenti logistici che quei container li portano sulle banchine i primi a dover essere digitalizzati: solo dopo possono essere automatizzati i processi che governano lo sbarco ed imbarco dalle navi.

Per fare ciò è necessario che nei porti avvenga quanto pian piano sta prendendo piede nei magazzini di molte aziende, ossia la tracciatura tramite sensori delle merci, nonché la predisposizione di infrastrutture connesse in rete e dotate di sistemi che dialoghino tra loro.

Occorre dunque far diventare i porti ‘ambienti digitalizzati e connessi’.

Occhio agli hacker: il progetto AUTOSEC

La domanda che sorge spontanea ai più accorti – ossia, come proteggere da intrusioni esterne un tale sistema – è al centro del progetto AUTOSEC, che EUROGATE, TRANSPORTWERK Magdeburger Hafen GmbH e METOP GmbH stanno sviluppando sull’infrastruttura portale di Magdeburgo.

In Germania la logistica portuale è sensibile a due temi in particolare: quello dell’automazione e quello della cyber-sicurezza.

 

Il mondo portuale nordeuropeo ricorda bene l’attacco hacker subito da Maersk nel 2017, che le costò diverse centinaia di milioni di dollari di danni: l’automazione è necessaria, dunque, ma con accortezza.

Il progetto AUTOSEC punta proprio a rendere autonome le grandi operazioni di movimentazione dei container all’interno del porto, dal loro arrivo su gomma all’imbarco sulle navi.

Oltre agli attacchi esterni l’altro grande inconveniente da scongiurare sono i guasti meccanici, non infrequenti dato che l’hardware di un porto è costituito da camion, sollevatori, carri ponte, gru e altre strumentazioni fortemente analogiche.

I carri ponte automatizzati al terminal container di Wilhelmshaven: efficienti e sicuri. © EUROGATE

Una copia digitale del porto

L’idea innovativa alla base del progetto AUTOSEC ha come punto di forza il continuo confronto delle operazioni portuali in svolgimento con un modello virtuale delle stesse.

Ricostruito l’ambiente del porto in questione, viene utilizzato il modello digitale per simulare fisicamente – ma immaterialmente – quello che dovrebbe essere l’andamento teorico delle operazioni.

In questo modo, non appena i due modelli, quello reale e quello virtuale, si discostano, scatta un campanello d’allarme.

La simulazione ha lo scopo di mostrare le tempistiche che un processo dovrebbe avere senza intoppi: se qualcosa non va come previsto, allora c’è un problema.

Identificare, localizzare e correggere

Secondo gli esperti di EUROGATE, TRANSPORTWERK Magdeburger Hafen GmbH e METOP GmbH, disporre di un modello digitale del funzionamento del porto è fondamentale per cogliere in tempo reale gli eventuali malfunzionamenti.

L’idea è semplice: monitorando determinati parametri indicatori delle performance desiderate, il software può identificare subito un discostarsi degli stessi dalla linea ottimale.

A questo punto i programma può distinguere il tipo di problema sempre incrociando le informazioni provenienti da più parametri.

La seconda fase è detta della ‘localizzazione’, in quanto viene circoscritta l’area di intervento al componente in avaria, sia esso composto da una catena di parti o da un singolo strumento (che può benissimo essere una gru o un veicolo).

Infine viene l’intervento vero e proprio, che può avere luogo in tempi assai ridotti dal momento dell’insorgere del malfunzionamento e con un precisione altrimenti difficile da ottenere senza un colpo di fortuna.

La sperimentazione in Germania

I primi test si stanno svolgendo nel porto di Wilhelmshaven e nel retroporto di Magdeburgo, con l’utilizzo di camion a guida autonoma che vengono monitorati dal software per quanto riguarda traiettoria di viaggio, carico-scarico e velocità.

Wilhelmshaven è il primo porto al cui interno questa strategia digitale viene sperimentata: i test sono iniziati ad agosto e termineranno con la fine di settembre.

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