Tra una sospensione provvisoria e l’altra, i dazi che l’Amministrazione statunitense ha imposto unilateralmente sulle merci in ingresso degli effetti li stanno avendo, ma è molto complesso stimarne l’effettiva portata.
Un buon termometro sono i flussi di merci in transito nei porti, sia nordamericani, sia no: un’analisi dei traffici container e del funzionamento dei porti a livello globale, in uno scenario in tensione come quello attuale, fornisce se non altro un punto di osservazione al di là dei proclami, utile per cercare di capire cosa davvero stia accadendo.
Un risvolto della medaglia dei dazi è rappresentata, ad esempio, dalle contrazioni dei volumi negli scali statunitensi della West Coast, come Los Angeles, il che riflette gli scambi commerciali con il dragone cinese, ma influenza anche le rotte per l’Europa.
Altra cartina di tornasole sono i porti mercantili dell’America Latina, anch’essi legati agli scambi con gli USA, ma allo stesso tempo protagonisti da mesi di una forte crescita figlia degli investimenti di Pechino – si può quindi ipotizzare che una loro sofferenza causa dazi fosse ‘calcolata’ tra gli effetti collaterali delle mosse della Casa Bianca?
Esplodono i noli marittimi: Sudamerica sotto pressione
Nel mese di giugno 2025, le tariffe containerizzate sulla rotta transpacifica dal Sudamerica alla costa occidentale degli Stati Uniti hanno sforato i 5.400 dollari per FEU (Foot Equivalent Unit), registrando un repentino raddoppio in appena trenta giorni.
L’aumento dei costi dei passaggi in stiva è una conseguenza delle politiche tariffarie USA, anche se non diretta: a incidere sono infatti una somma di elementi a loro volta stimolati dai dazi, come le congestioni portuali globali (cresciute del +300%) e uno spostamento strategico delle flotte verso rotte asiatiche più redditizie, cui consegue anche la scarsità di container disponibili in loco.
Porti chiave dell’America Latina come Callao, Guayaquil e San Antonio soffrono ora ritardi, prenotazioni cancellate, contratti spot in rialzo e di una certa penuria di slot di carico liberi.
Questa situazione colpisce le imprese esportatrici latinoamericane, in particolare dei settori agroindustriale e ittico, che subiscono gravi pressioni logistiche.
Rallenta Los Angeles: onda d’urto in Europa
A mostrare segni di frenata è anche il principale terminal container sulla costa pacifica statunitense, ossia il Porto di Los Angeles.
A maggio, lo scalo losangelino ha registrato una contrazione del 4,8%, movimentando 716.619 TEU e interrompendo dieci mesi consecutivi di crescita.
Il calo è stato letto subito come conseguenza della prima fase dei dazi imposti da Washington contro Pechino (al 145%, prima delle negoziazioni), in una spirale commerciale che ha portato alla cancellazione di numerose rotte – si parla di 17 previste a giugno più la revisione di altre dieci, con una perdita potenziale di un flusso pari a oltre 225.000 container.
Questa minore attività ha avuto come effetto collaterale un eccesso di container vuoti restituiti in massa a porti europei come Rotterdam, Amburgo e Valencia, aumentando i costi di esportazione verso il Nord America e costringendo le compagnie a ridurre le frequenze transatlantiche. Un segnale preoccupante per la capacità disponibile e per la stabilità delle catene di approvvigionamento europee.
Europa in allerta: verso una nuova geografia dei traffici container
Le catene logistiche europee si trovano quindi sottoposte ad un duplice stress: da un lato, la congestione di porti mediterranei come Algeciras e Genova, dall’altro, la crescente volatilità tariffaria che minaccia i flussi diretti tra Europa e Stati Uniti. Le minacce di nuovi dazi su prodotti europei, oltre a quelli su acciaio e automobili, rischiano di accentuare l’instabilità e ridurre ulteriormente la capacità di trasporto disponibile.
Le associazioni logistiche europee stanno sollecitando interventi multilaterali per scongiurare il collasso delle rotte marittime, memori dell’esperienza patita durante la pandemia. Dal canto loro, le grandi compagnie di Shipping guardano alla gestione strategica dei volumi, il riposizionamento dei container e ad incrementare la capacità di assorbire shock commerciali, che sono diventate oggi leve fondamentali per i manager della supply chain.
Osservando il quadro globale dei traffici container riflette una realtà in mutamento: dal Sudamerica al Nord Europa, passando per la costa pacifica statunitense, le tensioni commerciali e i disequilibri portuali impongono una ridefinizione delle rotte, dei costi e delle priorità logistiche. In questo contesto, monitoraggio costante, flessibilità operativa e governance internazionale assumono un ruolo ancor più importante che in passato.