Il 2025 ha segnato un punto di svolta per il trasporto marittimo containerizzato: a gennaio, le principali compagnie di navigazione hanno reso operativa la ridefinizione delle proprie alleanze strategiche, dando vita al più ampio reimpasto dell’ultimo decennio.
La dissoluzione della storica alleanza 2M tra Maersk e MSC ha aperto la strada a nuovi equilibri: MSC ha scelto l’autonomia, Maersk si è alleata con Hapag-Lloyd nella Gemini Cooperation, mentre ONE, HMM e Yang Ming hanno formato la Premier Alliance. Ocean Alliance, unica, ha invece mantenuto la propria struttura.
Queste nuove configurazioni hanno ridisegnato le rotte globali, modificato le gerarchie tra porti e generato cambiamenti significativi in connubio con le tensioni nel Mar Rosso, soprattutto per l’Europa e il Mediterraneo.
Porti europei: concentrazione e polarizzazione
Per quanto riguarda l’Europa, l’analisi di Sea-Intelligence mostra una netta polarizzazione: alcuni porti hanno guadagnato centralità, altri ne sono usciti indeboliti.
Il grande vincitore è Amburgo, con un aumento del 9,3% nel throughput container e una crescita del 50% negli scali di navi sopra i 10.000 TEU. Nel caso dello scalo tedesco, MSC ha rafforzato la propria presenza acquisendo il 49% del porto, trasformandolo in un hub strategico.
Scendendo più a sud, Valencia si consolida come snodo iberico, mentre Anversa e Tangeri, da sempre porti di riferimento, perdono servizi chiave, segno di una riduzione del loro ruolo come gateway tradizionali.
Algeciras ha visto aumentare la frequenza degli scali, pur con navi più piccole, assumendo un ruolo flessibile, mentre il principale porto greco, il Pireo, ha adottato una strategia “premium”, con meno scali ma navi più grandi e servizi di livello superiore.
Le strategie delle compagnie: modelli divergenti
MSC ha intrapreso una strategia autonoma, costruendo una rete globale con oltre 1.900 coppie di porti via Suez e 1.800 via Capo di Buona Speranza: la sua visione punta su capillarità, controllo diretto delle rotte e investimenti infrastrutturali.
Gemini Cooperation ha optato per un modello hub & spoke, con 12 hub globali e servizi navetta dedicati, privilegiando efficienza e decarbonizzazione.
Premier Alliance ha ottimizzato capacità e costi, mentre Ocean Alliance ha mantenuto stabilità e copertura estesa.
Tutte queste scelte hanno avuto conseguenze dirette sui porti: chi è stato incluso nei nuovi hub ha guadagnato centralità, chi è stato escluso ha dovuto reinventarsi.
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Porti italiani: tra esclusioni, rilanci e strategie di sistema
Il Mediterraneo ha visto forti cambiamenti nel 2025. Un caso, ad esempio, è quello di Trieste, inizialmente esclusa dai collegamenti diretti gestiti da Gemini, che ha visto ridursi la propria centralità: i servizi Asia-Europa sono stati dirottati su Capodistria e Fiume, con Trieste servita via feeder da Port Said. Tuttavia, MSC ha annunciato il rilancio del servizio Phoenix con scali diretti a Trieste e Capodistria nella seconda metà del 2025, segnale di una possibile inversione di tendenza.
Genova, pur non essendo al centro delle nuove rotte, sta investendo in infrastrutture strategiche come la nuova diga foranea e il Terzo Valico ferroviario, con l’obiettivo di rafforzare la propria competitività intermodale e diventare un hub logistico integrato. La proposta di un asse Genova–Trieste come “sistema Italia” potrebbe rappresentare una risposta coordinata alla crescente competizione internazionale.
Venezia, temporaneamente esclusa dai servizi diretti Gemini, è servita via feeder, mentre altri scali minori come Livorno e Gioia Tauro cercano di ritagliarsi dei ruoli complementari.
Secondo Assiterminal, il sistema portuale italiano necessita di una governance semplificata, transizione digitale ed energetica, e una visione integrata per competere con i grandi hub europei.
Il rimescolamento delle alleanze ha dunque ridisegnato la geografia dello shipping europeo e i porti italiani, seppur penalizzati in alcuni casi, hanno comunque l’opportunità di rilanciarsi attraverso investimenti, sinergie territoriali e strategie di sistema.
In un contesto sempre più competitivo e fluido, la capacità di adattarsi alle nuove logiche globali sarà decisiva per il futuro della portualità mediterranea. Si tratta di una sfida aperta: da un lato la concentrazione nei grandi hub, dall’altro la possibilità per l’Italia di costruire un modello integrato, resiliente e sostenibile.