Il dilemma dei retailers USA bloccati dal Covid-19: diversificare i mercati o chiudersi in casa?

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La sospensione delle spedizioni da parte di U.S. Postal Service pone molti retailers a stelle e strisce di fronte ad una vera e propria scelta di campo

Non è certo un momento facile, e noi che siamo nella tanto agognata Fase 2 lo sappiamo bene: la pandemia di COVID-19 ha sconvolto le dinamiche commerciali e distributive di tutti, coinvolgendo ogni attività in un terribile domino su scala mondiale.

In Europa il settore che ha ricevuto un involontario ‘assist’ dall’anomala situazione è stato quello dell’eCommerce; esiste però un rovescio della medaglia che alcune catene di retail stanno sperimentando sulla propria pelle dall’altra parte dell’Oceano.

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Lo stop di U.S. Postal Service: e adesso?

Proprio mentre nel Vecchio Continente i colossi delle vendite online sono stati messi sotto la lente anche per via delle loro dinamiche lavorative, emerse con ancor più evidenza in questo periodo, negli United States sembrano avere qualche problema, soprattutto se si affidavano ai servizi postali statunitensi.

Infatti U.S. Postal Service ha interrotto le spedizioni verso più di un centinaio di mercati internazionali, a causa del COVID-19.

Risultato, molti retailers non sanno più come recapitare i prodotti che vengono loro ordinati. Qui si apre però un dilemma che, riguardando catene di vendita con una estensione internazionale, a seconda della scelta intrapresa da ognuna potrebbe ridisegnare tutta una serie di equilibri.

La presa di coscienza: chi ha clienti stranieri?

Incredibilmente, come si legge in un articolo della testata statunitense FreighWaves, molti retailer statunitensi – Paese al quale spesso si è guardato come fosse l’avanguardia del mondo – non erano consci di quanto pesassero i clienti internazionali sui loro fatturati.

La tracciatura degli indirizzi IP di chi effettua gli ordini non è dunque da darsi per scontata nemmeno tra East e West Coast: ne consegue che molti stanno afferrando solo adesso, in piena crisi, quanto fosse vitale per loro spedire merce al di fuori dei mercati statunitensi.

Trovandosi però ad avere le gambe tagliate dalla sospensione di molti voli postali, c’è chi sta meditando di abbandonare del tutto la scena oltre confine.

Scelta ‘protezionistica’ vs affermazione internazionale

Il dilemma, dunque, quale sarebbe? Ebbene, pare che il mondo dei retailers online degli U.S. si stia, davanti alla situazione caotica provocata dal COVID-19, spaccando in due fronti contrapposti: tagliare i ponti con i mercati internazionali oppure cercare vettori alternativi per affermarvisi ancor più.

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I tanti retailers che facevano affidamento su U.S. Postal Service, malgrado il servizio pare non fosse efficientissimo e portasse a compensare i bassi costi di spedizione con il tempo dedicato poi ai reclami, se non vogliono perdere i clienti all’estero devono trovare un’alternativa.

Una fazione, però, con uno stile che potrebbe far pensare al motto trumpiano ‘America first’, sta soffiando sull’idea che sia giunto il momento di concentrarsi sui soli mercati interni degli Stati Uniti; per contro, un’altra parte dei retailers sostiene che sia proprio l’occasione per rafforzarsi sui mercati internazionali, approfittando del disarmo generale e di quanti non riusciranno a superarlo.

Insomma, il COVID-19, questo s’era capito ormai da tempo, sta stressando tutto il sistema capitalistico, non risparmiandone segmento alcuno; emergono così tutte le sue contraddizioni e, come ogni crisi eco-sistemica, porterà ad un nuovo equilibrio, dal quale alcuni usciranno più forti, altri, forse, ridimensionati.

Il rischio, se non si cerca di interpretare la parte utile di questa lezione di portata planetaria, è che ci si ritrovi con un mondo stabilmente più ‘chiuso’ e – la natura lo dimostra – tutto quanto si chiude in sé stesso finisce per inaridirsi.

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