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Israele-Iran, Supply Chain del petrolio e dei carburanti con il fiato sospeso

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Foto di Ted Erski da Pixabay

La notte tra il 12 e il 13 giugno ha segnato un’escalation potenzialmente dirompente per il traffico globale di greggio: Israele ha colpito obiettivi strategici in Iran, innescando immediate ripercussioni sui mercati del petrolio e sul sistema mondiale dei trasporti marittimi. 

Il settore logistico legato al trasporto di idrocarburi si ritrova ad operare in un clima d’incertezza crescente, sospeso tra l’aumento dei noli marittimi, il costo del greggio al barile e la minaccia di un blocco dello Stretto di Hormuz.

La reazione delle compagnie di navigazione

Nell’immediato, la reazione delle compagnie di navigazione è stata orientata alla prudenza ed alla conservazione di standard di sicurezza accettabili per le proprie navi e i propri equipaggi. Alcune compagnie, come Frontline, Cosco, Nippon Yusen e altre hanno pertanto sospeso o limitato temporaneamente il noleggio di navi nella regione del Golfo Persico. 

Per capire la portata di una chiusura dello stretto di Hormuz, che da accesso al Golfo Persico dall’Oceano Indiano incuneandosi tra le coste di Emirati Arabi Uniti, Oman e Iran, basta sapere che le Very Large Crude Carrier (VLCC) in transito sono circa 20 al giorno: in pratica, oltre il 10% della flotta globale di questo genere opera nella regione e si capisce subito come un rallentamento in quest’area possa alterare l’equilibrio tra offerta e domanda di stiva. 

Gli armatori stanno valutando l’introduzione di “flottiglie” scortate da navi da guerra, come avvenuto in precedenti crisi, ma il sistema risulta inefficiente e costoso. La situazione è stata subito rilevata da quel ‘sismografo’ che sono i titoli dei tassi di noleggio: il Baltic Exchange ha registrato un’impennata dei noli Arabia Saudita–Cina del +24% in un giorno, fino a 53,85 punti Worldscale.

Mercati e petrolio: l’effetto domino dei missili

Sul fronte finanziario, i contratti forward per luglio del greggio mediorientale sono balzati in alto del +15%, mentre le azioni di compagnie petrolifere e di shipping hanno paradossalmente beneficiato dell’incertezza. 

Cosco e China Merchants Energy Shipping hanno guadagnato oltre il 5%, Frontline è arrivata a +9% in borsa, ma il ‘rally’ più significativo è arrivato con il Brent, che ha toccato i 74 dollari al barile con un picco del +13% intraday, per poi assestarsi al +7%. Le opzioni call sopra gli 85 dollari hanno conosciuto un’impennata di volumi, segnalando movimenti speculativi su uno scenario di shock dell’offerta.

Orizzonti di crisi: lo spettro Hormuz

Il nodo cruciale resta lo Stretto di Hormuz: da qui passa circa un quinto del greggio mondiale. Sebbene molti analisti ritengano difficile una chiusura prolungata sia causa della presenza della Quinta Flotta americana, sia per gli effetti controproducenti che avrebbe sulla stessa economia iraniana, anche solo un’interruzione temporanea scatenerebbe effetti a catena sui trasporti e sulla raffinazione occidentale. 

Non si può escludere che Tehran adotti misure ibride, senza necessariamente ricorrere ad una paralisi del braccio di mare: disturbo elettronico, sabotaggi selettivi o aumenti calcolati dei rischi assicurativi potrebbero essere ‘armi’ comunque di forte impatto sulla filiera del greggio mondiale.  A tal proposito, il Joint Maritime Information Center ha già segnalato problemi crescenti con l’elettronica di bordo.

L’OPEC e le strategie di contenimento

L’OPEC+, e in particolare Arabia Saudita ed Emirati, ha però da tempo mutato la sua strategia di governo dell’offerta di greggio dalla scarsità alla quantità: l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio dispone infatti di capacità inutilizzata per compensare potenziali shock dell’offerta.

Tuttavia, un ricorso prematuro a queste risorse limiterebbe la leva strategica del cartello: Goldman Sachs prevede un ventaglio di scenari ampio, che va dai 100 dollari al barile nel caso peggiore, a una discesa sotto i 60 nel quarto trimestre del 2025. 

In questa generale instabilità, anche gli operatori logistici del settore idrocarburi saranno costretti a ripensare l’allocazione delle navi, i livelli di stock e i flussi verso le raffinerie europee.

Prospettive per la logistica occidentale

Nel breve periodo, è probabile un aumento delle tariffe di trasporto marittimo e assicurativo su tutte le rotte che attraversano il Medio Oriente. I player europei dovranno fronteggiare costi maggiori su bunkeraggio e assicurazioni, possibili ritardi nei flussi verso il Mediterraneo e una volatilità più marcata nei terminal. 

In un contesto di rallentamento economico globale e di forte instabilità dei prezzi del carburante, la resilienza della supply chain energetica torna a essere un tema vitale per l’intero comparto logistico. La tensione resta alta e la rotta del petrolio sarà, più che mai, anche una rotta geopolitica.

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