Adesso che i dazi statunitensi sono realtà e con la novità di un dollaro debole, le esportazioni italiane verso gli USA temono un contraccolpo significativo.
Confindustria, ad esempio, stima una perdita di circa 28 miliardi di euro, solo parzialmente mitigata dalle spedizioni anticipate pre-entrata in vigore delle tariffe doganali.
Un quadro poco incoraggiante, al quale l’Italia cerca di reagire: dal governo, oltre che dalle imprese, stanno arrivando segnali in favore di nuove rotte per cercare di rilanciare il Made in Italy nei mercati alternativi.
Uno di questi segni è riportato da Confartigianato, che segnala il balzo avanti, del +5,3%, delle esportazioni italiane nei primi quattro mesi del 2025 verso 25 mercati definiti “non tradizionali”; tra questi, i più dinamici si sono rivelati gli Emirati Arabi (+21%), il Brasile (+14%), la Svizzera (+13%), la Spagna (+11%) e l’Arabia Saudita (+10%). Se non si trattasse di una fiammata momentanea, bensì di un trend destinato a proseguire, questo gruppo di mercati potrebbe generare un incremento di 20 miliardi di euro per l’export Made in Italy entro fine anno.
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Diplomazia economica e piani d’azione
Roma, attraverso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha annunciato un piano d’azione mirato a sostenere l’espansione delle imprese italiane nei mercati cosiddetti ‘ad alto potenziale’: pur senza risorse aggiuntive, il piano mira a rafforzare la presenza italiana fuori dalla UE, con l’obiettivo ambizioso di raggiungere 700 miliardi di euro di export entro fine 2025, rispetto ai 623 miliardi dell’anno precedente.
La mossa è da inscriversi nel quadro della mutata posizione del governo sull’accordo commerciale tra UE e Mercosur, inizialmente osteggiato in asse con la Francia. Dopo mesi di trattative, Roma ha ottenuto garanzie dalla Commissione europea, in particolare la possibilità di sostenere economicamente le imprese agricole italiane che potrebbero subire penalizzazioni.
Questo ha permesso all’Italia di dare il via libera all’intesa, che dovrebbe facilitare l’export di macchinari, automobili e alcolici verso Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, in cambio di importazioni agevolate di zucchero, carne, riso e miele.
Accordi commerciali e aperture strategiche
Intanto, la Commissione europea, in una chiave di reazione anti-protezionismo USA, sta accelerando la firma di accordi di libero scambio. Oltre al Mercosur, è stata raggiunta un’intesa politica con l’Indonesia, che Bruxelles punta a formalizzare entro settembre, e, dopo anni di stallo, si è riattivata anche la trattativa con l’India, con buone prospettive di chiusura entro fine anno.
Questi accordi potrebbero offrire una corsia preferenziale alle imprese italiane, facilitando l’ingresso in mercati emergenti e compensando le perdite negli USA. Tuttavia, gli imprenditori sottolineano che penetrare nuove geografie richiede tempo, investimenti e adattamenti strutturali.
Un ulteriore ostacolo arriva invece dalla Cina: le aziende di Pechino, per schivare i dazi americani, hanno dirottato le esportazioni verso altri mercati, in testa ai quali vi è l’Europa. Nei primi sei mesi del 2025, il calo delle vendite negli USA è stato completamente compensato da una crescita su altri mercati e questo crea una concorrenza agguerrita anche per il Made in Italy, soprattutto nel mercato europeo, destinazione di molte esportazioni tricolori.