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Luglio 2025: terminal container alla prova

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Foto di Liggraphy da Pixabay

Il panorama dello shipping containerizzato a livello globale si presenta, a fine luglio 2025, come un mosaico complesso fatto di oscillazioni tariffarie, strategie operative in trasformazione e tensioni geopolitiche che influenzano profondamente il flusso delle merci. 

Il mercato, che nei mesi scorsi aveva vissuto una fiammata di domanda in risposta ai nuovi dazi statunitensi contro la Cina, sta ora affrontando una fase di assestamento e rallentamento, accompagnata da una riduzione tangibile dei noli spot e da una revisione delle principali rotte oceaniche.

Lo shipping, mai come oggi, si trova sospeso tra passato e futuro: la corsa ai carichi prima della stretta tariffaria USA ha alimentato una bolla temporanea nei volumi e nei prezzi, ma la fine di quella finestra logistica ha riportato il settore davanti alle sue vulnerabilità strutturali. Le compagnie, nel frattempo, sono costrette a ricalibrare la propria capacità, cancellando viaggi, riposizionando navi e ripensando le alleanze operative.

Indici container: il WCI punta verso il basso

Il World Container Index (WCI) elaborato da Drewry ha registrato un calo del 3,3% nella penultima settimana di luglio, proseguendo così una flessione che dura da ben sei settimane consecutive. Si tratta di una discesa che fa seguito a una breve impennata osservata tra maggio e giugno, quando l’annuncio dei dazi USA aveva scatenato un incremento della domanda di spazio sulle navi verso le Americhe.

Questa dinamica, seppur temporanea, ha evidenziato quanto lo shipping sia sensibile agli shock politici e regolatori. I dazi annunciati ad aprile hanno inizialmente generato un effetto di accelerazione, ma dal 15 giugno in poi il mercato è tornato a raffreddarsi, mostrando che l’imposizione dei dazi non è riuscito a sostenere i prezzi sul medio periodo.

Tariffe spot: crollo sulle principali rotte transpacifiche

Nel dettaglio, le tariffe spot sulle rotte transpacifiche mostrano una contrazione significativa, con la tratta Shanghai – Los Angeles al –5%, con tariffa scesa a 2.675 dollari per Feu e quella Shanghai – New York al –7%, con nolo a 4.210 dollari per Feu.

Questi dati non solo riflettono un indebolimento della domanda, ma anche una risposta di tipo strutturale delle compagnie di navigazione, che hanno iniziato a cancellare diverse traversate tra Cina e Stati Uniti. Il motivo? Il termine della sospensione temporanea sui dazi americani – fissato per agosto – ha messo fine alla corsa previsionale dei carichi.

Le linee marittime, consapevoli della contrazione della domanda e dei margini, hanno quindi scelto la via della riduzione dell’offerta: meno navi, meno viaggi, e, in conseguenza, un riequilibrio – temporaneo – dei rapporti di forza sulle tratte oceaniche.

Porti: segnali locali di una tendenza globale

L’impatto sui porti non ha tardato a manifestarsi. Negli Stati Uniti, i terminal della West Coast — ossia Los Angeles e Long Beach — hanno visto un calo dei volumi del 4,8% rispetto a metà giugno. Sulla East Coast, i porti di New York e Savannah hanno riportato una riduzione del 3,5%, in linea con la flessione dei noli Shanghai – New York.

Sul versante asiatico, i porti cinesi – su tutti la triade Shanghai, Ningbo e Shenzhen – mantengono ritmi di movimentazione stabili, ma con segnali di sovracapacità: le navi partono con stive meno saturate, un chiaro indicatore della riduzione della pressione sulla domanda di trasporto.

Nel Mediterraneo, Genova, Valencia e il Pireo non sono direttamente investiti dalle dinamiche transpacifiche, ma beneficiano in parte dello spostamento delle attenzioni commerciali: con meno flussi USA-Cina, cresce l’interesse per rotte intra-europee e verso il Nord Africa, pur rimanendo al di sotto dei livelli pre-pandemia.

Previsioni per il secondo semestre: vulnerabilità e opportunità

Drewry, nel suo Container Forecaster, delinea per il secondo semestre 2025 (2H25) uno scenario di indebolimento dell’equilibrio tra domanda e offerta, che dovrebbe spingere ulteriormente verso il basso le tariffe spot.

Le variabili in gioco restano molteplici e in parte imprevedibili: ci sono le eventuali nuove tariffe USA, legate alla politica commerciale di Trump, tra cui le paventate sanzioni contro navi battenti bandiera cinese, che potrebbero alterare drasticamente le capacità disponibili.

Poi si parla del riposizionamento di flotte su rotte alternative, come quelle tra Asia e Sud America, Asia e Africa, che oggi guadagnano visibilità come opzioni strategiche e, in questo quadro, le manovre delle grandi alleanze tra armatori (2M, Ocean Alliance, THE Alliance), fondamentali per ridefinire gli equilibri operativi a medio termine.

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