Il Mediterraneo torna centrale: un incentivo alle Zone Logistiche Semplificate nel Sud

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La crisi degli scambi su scala globale può riportare il bacino del Mediterraneo a crescere e l’istituzione di Zone Economiche Speciali può essere determinante

Anche in tempi di crisi è necessario saper cogliere il vento del cambiamento: nel caso specifico del comparto economico del mare, si tratta di non farsi trovare impreparati di fronte alla rediviva centralità del Mar Mediterraneo.

Chi si sta muovendo in questa direzione è, ad esempio, la Regione Campania, oggetto di uno studio («Zone economiche speciali e zone logistiche semplificate. Elementi per una valutazione di impatto economico – sociale») del Consiglio e Fondazione Nazionale dei Commercialisti.

Il rilancio obbligato degli scambi su scala meno vasta a fronte della crisi di quelli globali ha bisogno di supporto e può essere fonte di crescita per il Sud Italia ed i suoi porti: occorrono però una decisa semplificazione amministrativa e l’istituzione di ZES (Zone Economiche Speciali) e ZLS (Zone Logistiche Semplificate).

Semplificazione, ZES e ZLS chiavi per la ripresa del Sud

La prospettiva che il Mediterraneo torni a recitare un ruolo centrale in un mondo post-pandemico non lascia indifferenti le Regioni del Sud Italia.

Non è un caso che Molise, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Puglia, Sardegna e Sicilia, affiancate da tutte le Autorità di Sistema Portuale legate ad Assoporti, abbiano sottoposto un pacchetto di proposte per la semplificazione delle procedure e della normativa riguardante le ZES (Zone Economiche Speciali) e le ZLS (Zone Logistiche Semplificate) al Ministro del Sud e della Coesione Territoriale. 

In entrambe i casi si tratta sostanzialmente di ristrutturare la governance e di snellire le regole dei comparti logistici e per le aziende che si insediano sui territori interessati: tutti strumenti che favorirebbero una crescita nelle Regioni che si affacciano sul bacino mediterraneo.

È stato anche emanato il decreto sulla semplificazione amministrativa e ci sono regioni già in fase attuativa, con tutte le difficoltà relative alle procedure e all’erogazione degli incentivi. 

Inoltre il Piano per il Sud ha riconfermato l’opportunità di insistere su questa strategia di sviluppo e la recente legge di bilancio ha prorogato la scadenza del credito di imposta al 2022.  

Con la Legge di Bilancio 2020, così come confermato dal Piano Sud 2030, dunque, si è assistito all’estensione del credito di imposta ZES fino al 2022 (per cui sono appostati 100 milioni di Fondo di Sviluppo e Coesione), all’istituzione di un Commissario Straordinario di Governo per ogni ZES, all’istituzione nei porti del Centro-Nord delle Zone Logistiche Speciali «rafforzate», sostanzialmente equiparate alle ZES.  

Del Mediterraneo enormi opportunità per la Blue Economy

Considerato che il post emergenza Covid-19 potrebbe portare ad una crisi del circuito di scambi globale a vantaggio di una rinnovata centralità del Mediterraneo e del Sud Italia, è da considerare accuratamente l’idea di ripescare, sistematizzare e rilanciare le policy come ZES e ZLS.

Sino ad ora, infatti, erano state interpretate in maniera residuale e frammentata, quando invece avrebbero dovuto essere viste come il traino logistico del Made in Italy nel mondo. 

D’altronde, la Blue Economy rappresenta un comparto positivo per l’economia italiana: secondo il rapporto CENSIS, il cluster marittimo ha registrato valori in crescita dal 2015 al 2017; il contributo al PIL è infatti passato da 32.557 a 34.285 milioni di euro (2% sul totale nazionale), le esportazioni sono passate da 6.724 milioni di euro a 9.292 milioni di euro, le unità di lavoro totali da 500.315 a 528.756 (2,2 % sul totale nazionale). 

Secondo l’VIII rapporto sull’economia del mare di Unioncamere, le imprese dell’economia del mare sfiorano nel 2018 le 200 mila unità, rappresentando il 3,3% del totale complessivo (con una crescita, rispetto al 2014, del +9,5%). Il valore aggiunto prodotto dalla Blue Economy è arrivato nel 2018 a 46,7 miliardi di euro, pari al 3,0% del totale economia (nel 2014 era il 2,9%) e l’occupazione è di 885,2 mila unità nell’intero comparto, che incidono per il 3,5% sul totale dell’occupazione del Paese. 

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