È una domanda che si pongono da tempo operatori e analisti del settore e che diventa sempre più importante man a mano che il colosso del commercio elettronico svela le sue carte. O, come accade spesso, gliele svela qualche organo di stampa, perché Jeff Bezos cerca di mantenere un basso profilo nelle sue mosse legate alla consegna delle merci. Il suo stesso esordio nella logistica per conto terzi è avvenuto senza clamore, come uno dei servizi che offre alle imprese di produzione e di commercio che vendono direttamente le loro merci sul portale di Amazon. Poiché la società ha impiantato un’efficiente rete logistica per le proprie vendite dirette, la mette a disposizione anche ai partner. Con la crescita delle vendite è aumentata anche la rete di piattaforme logistiche hub e locali. Poi, Bezos ha cominciato ad uscire dalle mura dei magazzini in modo discreto e progressivo, ma deciso. Si è così scoperto nel 2016 che Amazon ha creato in Cina una società di spedizioni marittime che ha ottenuto l’autorizzazione della statunitense Federal Maritim Commission a operare come spedizioniere negli Usa e un articolo uscito sul Wall Street Journal del 25 gennaio 2017 afferma che il colosso dell’e-commerce avrebbe già iniziato a inviare container tra Cina e Stati Uniti usando portacontainer d’imprecisate compagnie marittime. Contemporaneamente, sono apparse le indiscrezioni sull’espansione anche in cielo, confermate dalla nascita di Amazon Prime Air, la compagnia di cargo aereo che usa quaranta Boeing 767-300 Freighter noleggiati con equipaggio da ATSG e Atlas Air. E per confermare il suo interesse nel trasporto aereo, Bezos ha anche ha opzioni per acquisire quote di minoranza delle due compagnie aeree. Non solo: Amazon sta costruendo a Cincinnati, nel Kentucky, la sua prima cargocity, chiamata Prime Air hub. Lo scorso gennaio, con i cantieri ancora aperti, Amazon ha annunciato di avere acquisito nuovo spazio per l’impianto, che richiede un investimento di un miliardo e mezzo di dollari e che impiegherà duemila persone per gestire fino a duecento voli al giorno.
Quando il gioco si fa duro
Ma la vera sfida del commercio elettronico è l’ultimo miglio, dove finora Amazon si affida a terzi, con qualche eccezione negli Stati Uniti dove sta sperimentando la consegna diretta di prodotti freschi con propri veicoli. Ma anche in questo campo Bezos sta muovendosi con passo felpato, anche se ormai sfugge difficilmente alla caccia dei media. Nell’ottobre del 2017 l’agenzia Bloomberg ha rivelato una sperimentazione di consegne in India, chiamata Seller Flex e a febbraio di quest’anno il Wall Street Journal ha scritto che la società sta avviando un servizio analogo negli Usa chiamato Shipping with Amazon, che dovrebbe partire in fase sperimentale a Los Angeles. Per ora si rivolgerebbe alle vendite proprie e delle imprese che usano il suo marketplace, ma il quotidiano ipotizza che in futuro potrebbe estendersi anche a terzi che non necessariamente vendono su Amazon. E a completare il quadro c’è l’indiscrezione emersa a dicembre 2017, che Amazon sarebbe interessata ad acquisire la multinazionale logistica XPO Logistics.
Il guanto è gettato
Queste notizie sono una vera e propria sfida ai grandi operatori del trasporto espresso, che ora sono i principali fornitori di Amazon, tra cui spiccano Ups, FedEx e Dhl. Questi colossi per ora ostentano sicurezza, ma intanto preparano le difese con investimenti miliardari dedicati prevalentemente al settore dell’e-commerce. La partita si complica considerando che anche i giganti cinesi del commercio elettronico, Alibaba e JD.Com, stanno attuando una strategia analoga a quella di Amazon fuori dai confini del loro Paese. La guerra globale della logistica è appena iniziata.