Tanti (troppi) dati, poca visibilità nella logistica urbana

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Nel cuore delle nostre città, dove la mobilità è sempre più complessa e congestionata e la sostenibilità, in conseguenza, una priorità, la disponibilità di dati relativi al trasporto dovrebbe rappresentare la chiave per una logistica efficiente. 

Eppure, tanta quantità di informazioni non corrisponde necessariamente ad una qualità dei trasporti urbani, ultimo miglio incluso. Il problema non è certo la scarsità di dati, ma piuttosto la loro frammentazione, la loro qualità e l’accessibilità. 

Il paradosso di avere, in potenza, tutti i presupposti per fare il massimo, ma l’impossibilità a servirsene pienamente risulta penalizzante soprattutto i piccoli operatori e ha una serie di ricadute al di fuori del solo ambito logistico, perché finisce per rallentare l’innovazione urbana e ostacolare la transizione verso città più intelligenti.

Il paradosso dell’abbondanza: troppi dati, poco accesso

Le città moderne raccolgono una mole impressionante di informazioni, dai flussi di traffico alle regole di accesso ai marciapiedi, dalle chiusure stradali alle zone a basse emissioni e traffico limitato, per non parlare dei riscontri video in tempo reale. 

Tuttavia, per quel 90% dei vettori passeggeri e delle merci registrate che operano con flotte inferiori ai 10 veicoli, accedere a questa massa critica di dati è una sfida. 

Il perché lo sia sta nel fatto che i sistemi premium dei quali le aziende possono servirsi, come TMS (Transport Management Systems) o piattaforme di scambio merci, spesso mettono a disposizione i dati solo previo pagamento o li celano dietro a portali PDF.

Il risultato pratico è che per i fattorini tradizionali che operano su scala urbana è più difficile pianificare in modo conscio e informato le consegne di quanto non lo sia per una multinazionale su scala intercontinentale, come è più difficile rimanere aggiornati sulle variazioni normative.

Burocrazia vs innovazione urbana

Sono molte le città a mostrarsi favorevoli a una mobilità più intelligente, almeno in teoria. 

Grandi metropoli come Barcellona in Spagna o Chicago e Los Angeles negli USA stanno sperimentando sistemi digitali per la gestione del traffico e dei marciapiedi. 

I progetti finanziati dalle amministrazioni pubbliche volti a cambiare le dinamiche del trasporto urbano dell’ultimo miglio e a rendere più intelligente e informatizzata la dinamica di ingresso dei veicoli commerciali nei centri città, le operazioni di carico-scarico e i flussi di traffico sono diffusi ormai in tutti i Paesi e in municipalità delle dimensioni più disparate; tuttavia, la buona riuscita di molti di questi piani stenta a farsi vedere se non dopo tempi molto lunghi, in buona parte a causa di attuazioni mal coordinate, sfasate o parziali dovute ad apparati burocratici farraginosi e paralizzanti.

Spesso, l’immagine che ottimi progetti danno di sé è inficiata proprio da fattori di questo tipo, con il problema di essere proverbialmente ‘buttati via con l’acqua sporca’.

Le startup come ponte tra dati e operatività

Mentre le città affrontano ostacoli normativi e giurisdizionali, le startup si potrebbe dire che stiano aggirando il sistema dall’esterno. 

Utilizzano infatti feed video esistenti e dati aperti per creare dashboard plug-and-play che aiutano le amministrazioni a visualizzare rischi di collisione, monitorare la congestione e pianificare interventi; alcune aggregano dati da scooter, furgoni e flotte ride-hailing, standardizzandoli e integrandoli con quelli comunali per creare sistemi di parcheggio prevedibili e accessibili.

Verso una visione infrastrutturale del dato

Per consentire una reale evoluzione della gestione dei flussi di traffico di persone e merci, i dati sulla mobilità dovrebbero diventare una utility, come l’acqua o l’elettricità. 

Non un servizio opzionale, ma una risorsa pubblica integrata nei sistemi quotidiani di trasportatori, autisti e dispatcher. Finché ciò non accade, le soluzioni delle startup finiscono per rappresentare un ponte fondamentale per democratizzare l’accesso ai big data disponibili e per migliorare la visibilità logistica.

La logistica urbana potrà sempre meno permettersi di navigare alla cieca, considerata l’evoluzione dei volumi: i dati ci sono, ma devono essere resi liberi, interoperabili e trattati con gli stessi criteri con i quali si considera un’infrastruttura. Così le città potranno diventare davvero intelligenti, inclusive e sostenibili.

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