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Decreto Infrastrutture 2025: nuovi sostegni alla logistica italiana

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Il 19 maggio 2025, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al “Decreto Infrastrutture“, provvedimento atteso da molti operatori del settore, ma che ha già generato un acceso dibattito. L’obiettivo dichiarato è quello di sbloccare cantieri, accelerare la realizzazione di opere strategiche e, non meno importante, supportare settori chiave come la logistica, i porti e l’autotrasporto. Ma quali sono i veri benefici e quali le ombre di questo decreto?

Autotrasporto: rivisti tempi d’attesa e franchigia 

Il Decreto Infrastrutture introduce una serie di misure che mirano a dare una scossa positiva al settore dell’autotrasporto, elemento vitale per la catena logistica italiana. Tra le più significative, spiccano gli interventi per la riduzione dei costi operativi e per una maggiore equità contrattuale.

Una delle novità più attese dagli autotrasportatori è la disciplina più stringente dei tempi d’attesa e del periodo di franchigia: il decreto stabilisce un periodo di franchigia per le operazioni di carico e scarico ridotto da due ore a novanta minuti, superato il quale scatta un indennizzo automatico di 100 euro, soggetto a rivalutazione annuale, per ogni ora o frazione di ora di ritardo. 

La misura, che prevede la responsabilità solidale di committente e caricatore, tende a tutelare l’autotrasportatore dalle lunghe attese, che spesso si traducono in ore di lavoro non retribuite e in un aumento dei costi operativi dovuti al fermo del mezzo. È un passo significativo verso una maggiore trasparenza e un equilibrio contrattuale tra committenti e vettori.

Accorciare i tempi di pagamento

Parallelamente, si è intervenuti sulla revisione dei tempi dei pagamenti. Anche in questo caso, l’obiettivo è contrastare la piaga dei ritardi nei pagamenti che affligge molte imprese di autotrasporto, compromettendone la liquidità e la sostenibilità finanziaria. Il decreto introduce meccanismi più rapidi per il recupero delle somme dovute e, in caso di violazioni, stabilisce la possibilità di intervento del Garante della Concorrenza e del Mercato che, in tal modo, dispone di un potere di vigilanza e sanzionatorio per disincentivare le pratiche dilatorie, garantendo una maggiore certezza dei flussi di cassa per le aziende.

Importanti sono anche gli stanziamenti previsti nella misura di 6 milioni di euro sia per il 2025 che per il 2026 per il rinnovo del parco circolante dell’autotrasporto. Tali fondi sono destinati a incentivare l’acquisto di mezzi più moderni, meno inquinanti (Euro VI e superiori, e veicoli a propulsione alternativa) e più sicuri. In questo modo, non solo si dovrebbe alleggerire l’onere economico per le imprese di trasporto, spesso schiacciate da costi del carburante e manutenzione, ma si favorisce anche una transizione verso una logistica più sostenibile e tecnologicamente avanzata, in linea con gli obiettivi europei di decarbonizzazione.

Porti e intermodalità

Per quanto riguarda i porti e l’intermodalità, il decreto mira a rafforzarne il ruolo di hub strategici per il Mediterraneo. Si prevedono investimenti mirati all’ammodernamento delle infrastrutture portuali, all’ampliamento dei bacini e all’ottimizzazione delle connessioni intermodali. Importante in questo contesto è il rafforzamento delle RAM (Rete Autostrade Mediterranee), la società in-house del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che si occupa proprio delle autostrade del mare e dell’intermodalità. Gli stanziamenti aggiuntivi per le RAM, valutati in 4,2 milioni di euro in 3 anni, permetteranno di potenziare le infrastrutture e i servizi per i collegamenti marittimi a corto raggio, riducendo la dipendenza dal trasporto su gomma per le lunghe distanze e decongestionando la rete stradale. 

Ciò si traduce in porti più efficienti e ben collegati alla rete terrestre e ferroviaria, tempi di scarico e carico più rapidi, meno congestione e una maggiore capacità di attrarre traffici. L’obiettivo è trasformare i porti italiani in veri e propri gateway per l’Europa, rendendoli più attrattivi rispetto ai concorrenti stranieri. L’incremento degli investimenti nelle infrastrutture portuali, in particolare, dovrebbe favorire la creazione di nuove aree logistiche retro-portuali, aumentando la capacità di stoccaggio e distribuzione delle merci.

Le ombre: burocrazia persistente e rischio di concentrazione

Una delle critiche più significative riguarda l’assenza di una riforma organica della governance portuale. Sebbene il decreto tocchi l’ordinamento portuale e il demanio marittimo, non sembra esserci stata quella riforma strutturale attesa da più parti per modernizzare e rendere più efficiente la gestione dei porti italiani. In particolare, è stata segnalata l’assenza di una norma che riguardava specifiche questioni di governance portuale.

Inoltre, nonostante l’obiettivo di favorire la concorrenza e impedire il rinnovo automatico delle concessioni, con l’introduzione di obblighi di gara, potrebbero esserci critiche sulla effettiva capacità di tali misure di superare le problematiche esistenti e di garantire una reale trasparenza e concorrenza nel lungo termine

Relativamente ai singoli interventi previsti, una delle principali preoccupazioni riguarda la reale capacità di superare la burocrazia. Sebbene il decreto prometta semplificazioni e procedure più snelle, molti temono che le nuove norme possano generare ulteriori complessità interpretative, traducendosi in un semplice spostamento del problema anziché in una soluzione definitiva.

La storia legislativa italiana, purtroppo, è costellata di tentativi di semplificazione che si sono tradotti in nuove stratificazioni normative, e il timore è che anche questa volta possa verificarsi una situazione simile. La velocità di implementazione delle misure e la chiarezza delle linee guida saranno il vero banco di prova per evitare che le buone intenzioni si arenino nelle sabbie mobili della burocrazia.

Un’altra critica significativa riguarda il rischio di una eccessiva concentrazione di potere decisionale in capo a poche figure o enti. Alcuni osservatori temono che, per accelerare i processi e le nuove normative, si possa sacrificare la trasparenza e il coinvolgimento di tutti gli stakeholder. Questo potrebbe portare a scelte meno inclusive e, in ultima analisi, meno efficaci nel lungo periodo. È fondamentale che il processo decisionale rimanga aperto e che le esigenze di tutte le componenti della filiera logistica siano prese in considerazione, dalle grandi imprese ai piccoli operatori.

Infine, sebbene gli investimenti sui porti e il rafforzamento di RAM siano visti con favore, alcuni esprimono preoccupazioni circa la distribuzione geografica degli interventi. Il rischio è che i fondi possano essere concentrati su pochi grandi scali o su progetti già avviati, lasciando indietro i porti minori o quelli con esigenze specifiche che potrebbero invece svolgere un ruolo importante nel tessuto logistico locale. Una visione più equilibrata e una strategia di sviluppo che tenga conto delle peculiarità di ogni scalo portuale e delle connessioni intermodali a livello regionale sarebbero auspicabili per massimizzare l’impatto positivo del decreto.

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