Nel calcolo degli adeguamenti dei corrispettivi del trasporto alle variazioni del costo del carburante ex art. 83 bis della L. 133/08, deve essere preso a riferimento il costo netto del carburante oppure il prezzo lordo (quello “alla pompa”, comprensivo di IVA e accise)?
L’articolo 83 bis della legge 133/08, al comma 5, dispone testualmente che “nel caso in cui il contratto abbia ad oggetto prestazioni di trasporto da effettuare in un arco temporale eccedente i 30 giorni, la parte del corrispettivo corrispondente al costo del carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, come individuata nel contratto o nelle fatture emesse con riferimento alle prestazioni effettuate dal vettore nel primo mese di vigenza dello stesso, è adeguata sulla base delle variazioni intervenute nel prezzo del gasolio per autotrazione, ove tali variazioni superino del 2% il valore preso a riferimento al momento della sottoscrizione del contratto stesso o dell’ultimo adeguamento effettuato”.
L’attenzione al conto economico
La ratio di questa norma è di limitare gli effetti negativi dell’aumento del costo del carburante sul conto economico dei vettori, considerati quali soggetto debole della filiera logistica, e pertanto, tenuto conto del fatto che IVA e accise in quanto imposte detraibili/rimborsabili non costituiscono un costo per gli autotrasportatori, sembrerebbe logico fare riferimento al costo netto del gasolio, detraendovi quindi IVA e accise. Occorre peraltro considerare che l’articolo 83 bis sopra richiamato nel definire il meccanismo di adeguamento dei corrispettivi alle variazioni del costo del gasolio usa genericamente la parola “prezzo” e questo indurrebbe a ritenere che l’adeguamento debba applicarsi al prezzo alla pompa e non al costo per il vettore.
La prassi applicativa
Nella prassi applicativa della normativa in materia di adeguamento tariffario si è sempre fatto riferimento peraltro al costo netto (escludendo quindi IVA e accise, almeno nel caso in cui le accise siano portate in detrazione dal vettore), tale impostazione risulta essere confermata anche dal tenore letterale della norma, in particolare nella parte in cui fa riferimento al “costo del carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali”, laddove IVA e accise non sono per il vettore un costo.
Questa impostazione risultava in ogni caso confermata anche dalla nota esplicativa di accompagnamento alla pubblicazione dei costi minimi di esercizio (successivamente abrogati), in cui tra l’altro si leggeva che “per i veicoli di massa complessiva pari o superiore alle 26 tonnellate, e per quelli di massa complessiva inferiore alle 26 tonnellate e superiore alle 7,5 tonnellate, i dati relativi al prezzo del gasolio sono stati depurati dell’IVA e dello sconto sull’accisa, pari a 19,786 euro/1000 litri” e che “per i veicoli di massa complessiva inferiore alle 7,5 tonnellate, i dati stessi sono stati depurati della sola IVA”.
Ritengo quindi sia corretto prendere a riferimento il costo netto.
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Subvezione e sinistri: l’assicurazione paga?
Nel caso di sinistro verificatosi in un trasporto eseguito in subvezione, in violazione del divieto di cui all’art. 6 ter del D. Lgs. 286/05 (e cioè nel caso in cui il subvettore incaricato di eseguire il trasporto ne abbia affidata la materiale esecuzione ad un subvettore terzo) opera la copertura assicurativa dei soggetti coinvolti nell’operazione?
Occorre al proposito osservare in via preliminare che per rispondere compiutamente al quesito posto dal lettore sarebbe necessario valutare cosa prevedano le polizze assicurative stipulate dai soggetti coinvolti, per verificare se contengano clausole applicabili a questa fattispecie. Ciò premesso, in base al terzo comma dell’art. 6 ter del D. Lgs. 286/05 “il subvettore non può a sua volta affidare ad altro vettore lo svolgimento della prestazione di trasporto. In caso di violazione di tale divieto, il relativo contratto è nullo, fatto salvo il pagamento del compenso pattuito per le prestazioni già eseguite”. La nullità del contratto, da un punto di vista strettamente giuridico, implica che esso debba essere considerato tamquam non esset, cioè inesistente.
Nella catena di trasporti rappresentata dal lettore, il rapporto tra primo subvettore e secondo subvettore è nullo e quindi non può essere qualificato come un contratto valido ed efficace di trasporto, con l’ulteriore conseguenza che la responsabilità del terzo vettore nei confronti del soggetto che ha affidato incarico di eseguire il trasporto non segue le regole della responsabilità vettoriale, ma quelle delle responsabilità da fatto illecito. Salvo diverse clausole contrattuali, la copertura assicurativa della polizza vettoriale è circoscritta ai risarcimenti dovuti a titolo di responsabilità contrattuale in qualità di vettore ed è quindi legittimo l’eventuale rifiuto della compagnia di farsi carico del sinistro.
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Questa rubrica è dedicata ai lettori che desiderano risposte in merito a questioni di natura legale. I quesiti possono essere inviati ad alice.borsani@tecnichenuove.com.
Avv. Stefano Fadda