La gestione delle catene di fornitura globali è sempre più intrecciata con dinamiche geopolitiche che sfruttano la dominanza del fattore tecnologico come leva di potere. Il recente caso Nexperia, produttore olandese di semiconduttori, ha mostrato come decisioni governative, volte a proteggere l’autonomia della produzione industriale del continente, possano paradossalmente interrompere proprio flussi produttivi vitali, in conseguenza alle tensioni tra Bruxelles e Pechino.
In parallelo, l’industria automotive si trova a fronteggiare un problema analogo, vale a dire la dipendenza dalle terre rare cinesi per i motori elettrici.
Due vicende apparentemente distinte, ma unite da un filo comune: la vulnerabilità delle supply chain quando si basano su nodi critici concentrati in poche aree geografiche. Analizzare quanto accaduto negli ultimi mesi attorno a Nexperia offre lezioni preziose per comprendere la situazione in cui versa l’industria europea, ma anche come l’automotive possa emanciparsi dalla dipendenza dalle terre rare e costruire la propria resilienza.
Il caso Nexperia: risvolti pratici e strategici
Nexperia, nata nel 2017 dalla cessione di una divisione NXP – a sua volta spin-off di Philips Semiconductor, indipendente dal 2006 – e acquisita nel 2019 dal gruppo cinese Wingtech, ha sviluppato un modello produttivo ripartito nella localizzazione in Germania della fabbricazione di wafer in silicio e nella fase di confezionamento in Cina. Quando, nel 2025, il governo olandese ha commissariato l’azienda per motivi di sicurezza economica (per impedire, cioè, che la dirigenza spostasse l’intera produzione europea in Cina), la reazione cinese è stata immediata: blocco delle esportazioni e rottura dei rapporti tra la sede europea e le filiali asiatiche.
Le conseguenze pratiche sono state subito pesanti, concretizzate in carenza di chip standard, pressioni sulle case automobilistiche che ne sono dipendenti e stop temporaneo forzato di alcuni stabilimenti.
Strategicamente, il caso evidenzia tre lezioni chiave. Il primo è che tutto ruota attorno alla governance, in quanto senza un allineamento tra proprietà e management la supply chain si paralizza.
La seconda è che concentrare fasi critiche di un processo in un solo Paese non è mai una buona idea ed espone a rischi anche di natura politica; si tratta della ‘solita’ dipendenza geografica che dal Covid in avanti affligge le produzioni occidentali.
La terza è che nessuno può fare a meno della ridondanza: avere siti alternativi o partner diversificati è essenziale per garantirsi continuità.
Nexperia dimostra che la resilienza non è solo tecnologica, ma anche istituzionale: la capacità di mantenere rapporti stabili tra entità appartenenti a diverse giurisdizioni è parte integrante della gestione della supply chain.
Terre rare e automotive: una vulnerabilità sistemica
Il settore automotive in genere e quello a zero emissioni in particolare è fortemente legato alla vicenda Nexperia, non fosse altro per la sua ‘fame’ di semiconduttori. I motori elettrici impiegati negli EV dipendono dall’impiego di magneti permanenti basati su terre rare, materiali di cui la Cina controlla estrazione e raffinazione. Le recenti restrizioni all’export volute da Pechino in risposta alle politiche protezionistiche di Washington hanno trasformato questa dipendenza in un rischio strategico.
Secondo S&P Global Mobility, nel 2025 il 94,7% dei motori EV utilizza terre rare, ma la domanda di soluzioni alternative crescerà con un CAGR del 15% fino al 2037.
La ricerca di alternative è d’altronde in pista da tempo e tecnologie come i motori sincroni a campo avvolto o a eccitazione separata (EESM), i motori a riluttanza commutata (SRM) e i motori a induzione stanno emergendo come alternative concrete. Case come BMW, Renault, Nissan e Volkswagen stanno investendo negli EESM, mentre Tesla ha già adottato motori a induzione; startup come Niron Magnetics stanno sviluppando magneti privi di terre rare, aprendo nuove prospettive.
Lezioni e strategie
Il parallelo tra Nexperia e l’automotive è evidente: entrambe le filiere dipendono da nodi critici controllati dalla Cina. Le lezioni da trarre sono chiare e parlano di diversificazione geografica, di investimenti in R&D, di Partnership multilaterali e di riciclo e circolarità.
Ridurre la concentrazione produttiva in Paesi che diventano monofornitori globali, sviluppare tecnologie alternative che riducano la dipendenza da materiali strategici, costruire reti di fornitori distribuite e resilienti, ma anche recuperare materiali critici per ridurre l’esposizione alle fluttuazioni geopolitiche sono tutte strategie che avrebbero dovuto già essere messe in campo.
Il caso Nexperia e la questione delle terre rare nell’automotive mostrano come la supply chain sia ormai un terreno di confronto geopolitico. Per i professionisti del settore, il messaggio è che la resilienza non si costruisce solo con l’efficienza operativa, ma con strategie di lungo periodo che integrino tecnologia, governance e diversificazione. Solo così sarà possibile garantire continuità e competitività in un contesto globale che non promette di aumentare la propria stabilità.



