Il trasporto marittimo è responsabile di circa il 3% delle emissioni globali di CO₂ ed è oggetto di pressioni perché venga dato impulso ad un ricambio generazionale dei sistemi di propulsione navali. Un problema annoso, in quanto la prospettiva di esercizio di una grande nave supera abbondantemente i trent’anni e comporta investimenti faraonici per i quali le compagnie di navigazione vogliono legittimamente vedere un ritorno.
Posto che molte delle soluzioni tecnologiche attualmente disponibili sono comunque parziali ed onerose, è in atto una ricerca di più radicali opzioni per decarbonizzare il settore; tra queste sta rapidamente riemergendo una strada accantonata in passato eccetto che per scopi militari, ossia quella della propulsione nucleare.
Complice anche l’indebolimento dello stigma che nell’ultimo quarto nel Novecento ha accompagnato questo genere di energia, l’esigenza di trovare una forma di alimentazione adeguata ai livelli richiesti dal settore della navigazione, ma al contempo senza emissioni di CO₂, ha portato Seaspan Corporation, leader mondiale nel tonnellaggio di portacontainer, a commissionare a Lloyd’s Register e LucidCatalyst un’analisi sulla fattibilità della propulsione nucleare.
Il report prodotto evidenzia come l’integrazione di piccoli reattori modulari (SMR) potrebbe trasformare l’economia dello shipping, riducendo drasticamente i costi e azzerando le emissioni.
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Portacontainer nucleari: quali risparmi e vantaggi
Secondo lo studio, una singola nave da 15.000 TEU alimentata da un reattore SMR potrebbe generare risparmi annuali fino a 68 milioni di dollari, eliminando 50 milioni di spese per carburante e 18 milioni in penalità legate al carbonio.
Operando a 25 nodi, il 39% più veloce delle unità convenzionali, garantirebbe un incremento del 38% della capacità annua di trasporto grazie a più viaggi completati e al 5% di spazio aggiuntivo derivante dall’assenza di serbatoi di bunker fuel.
Il report sottolinea l’importanza della costituzione di un consorzio industriale per lo sviluppo di una supply chain robusta. Per rendere praticabile questa strada la produzione dovrebbe infatti essere sostenuta e superare le 1.000 unità in 10–15 anni, punto di svolta oltre il quale i reattori modulari potrebbero essere prodotti a un costo di 750–1.000 $/kW, molto inferiore alle centrali nucleari tradizionali. Ogni unità sarebbe progettata per operare cinque anni senza rifornimento, riducendo i tempi di fermo e liberando gli armatori dalla dipendenza dalle reti globali di bunkeraggio – alle quali verrebbe data una sostanziale spallata.
Roadmap tecnologica: 4 anni per la maturità
La roadmap proposta dal report indica inoltre in 4 anni il lasso di tempo entro il quale sarebbe possibile raggiungere la maturità commerciale, a patto che si tratti di un programma di sviluppo intensivo; in tal caso, i con costi di sistema sarebbero inferiori a 4.000 $/kW e quelli del combustibile al di sotto dei 50 $/MWh.
Le proiezioni di mercato stimano un’adozione compresa in una forbice tra 40 e 90 GW entro il 2050, a seconda dei progressi normativi e della volontà dell’industria di investire.
Da questo punto di vista è evidente la necessità di un dialogo con cantieri, autorità portuali e regolatori nucleari per definire standard di sicurezza e certificazioni. La gestione del rischio, la conformità normativa e l’accettazione sociale rappresentano difatti ostacoli significativi, ma affrontabili con strategie di trasparenza e modelli innovativi di leasing del combustibile e dei reattori.
L’attenzione internazionale: il caso cinese
La Cina sta conducendo ricerche parallele sui microreattori nucleari applicabili a navi civili. Progetti pilota esplorano la possibilità di installare reattori compatti su unità commerciali e di supporto offshore, con l’obiettivo di garantire autonomia energetica e riduzione delle emissioni.
Questi studi, sebbene ancora in fase sperimentale, dimostrano un interesse crescente a livello globale per la propulsione nucleare marittima, rafforzando la credibilità delle proposte occidentali.
Seaspan e LucidCatalyst sostengono che, con un’organizzazione di mercato adeguata, le navi nucleari non solo ridurranno le emissioni, ma domineranno le rotte commerciali grazie a prestazioni superiori. Le ricerche cinesi sui microreattori confermano che la corsa alla decarbonizzazione marittima è ormai globale e che il nucleare potrebbe diventare la vera rivoluzione dei mari, per quanto sia fondamentale evitare il semplice dislocamento del problema ambientale da una forma di inquinamento ad un’altra.



