Lo si potrebbe definire “un decennio di crescita debole”, sintetizzando così quanto espresso il 10 giugno dalla Banca Mondiale con la revisione al ribasso delle sue previsioni di crescita globale per il 2025.
L’anno in corso è stato rivalutato al +2,3% dal +2,7% annunciato a gennaio: questo segnale di debolezza economica indica un trend preoccupante, secondo il quale la crescita media nei primi sette anni di questo decennio dovrebbe attestarsi al 2,5%, il valore più basso registrato dagli anni ‘60.
Un rallentamento rispetto ai decenni precedenti che è attribuito a fattori macroeconomici complessi all’interno dei quali giocano un ruolo determinante l’inasprimento delle tensioni commerciali fra superpotenze (leggi: le conseguenze portate dall’invasione russa dell’Ucraina in termini di sanzioni e riorientamenti in blocchi di alcune economie e le politiche degli USA) e la crescente incertezza politica.
Le conseguenze per le economie globali
La revisione della Banca Mondiale impatta in maniera differenziata le economie globali: nell’ultimo anno, quasi il 70% dei Paesi ha visto le proprie previsioni economiche riviste al ribasso.
Indubbiamente, ad essere coinvolte in maniera diretta sono le principali economie mondiali, ossia Stati Uniti, Cina e Unione Europea.
Gli Stati Uniti, fautori di un nuovo protezionismo commerciale, risultano paradossalmente tra i più penalizzati in quanto cresceranno solo dell’1,4%, ben 0,9 punti percentuali in meno rispetto alle stime precedenti.
La Cina, invece, manterrà una crescita del 4,5%, dimostrando una relativa stabilità, ma con possibili rischi derivanti dalle tensioni commerciali con Washington che sono difficili da valutare per via dell’opacità del regime di Pechino, mentre l’Eurozona registrerà una crescita dello 0,7%, con un taglio pari al -0,3%.
Non se la passerà meglio il Giappone, in caduta anch’esso di -0,5 punti percentuali.
Guardando ai mercati emergenti, la situazione è dolorosa proprio per le economie in via di sviluppo, che registreranno un rallentamento in circa il 60% dei casi, con una crescita attesa, nei Paesi a basso reddito, del 5,3%, 0,4 punti percentuali inferiore alle stime di inizio 2025.
Le guerre commerciali e l’instabilità politica
Il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha riacceso il dibattito sul protezionismo economico: la sua amministrazione ha, infatti, intensificato le misure contro il libero scambio, imponendo dazi sia contro avversari economici storici come la Cina, sia contro Paesi tradizionalmente alleati come i membri dell’Unione Europea o i vicini Canada e Messico.
Questa politica ha creato un clima di incertezza e volatilità nei mercati, per altro alimentata dal continuo e repentino mutare delle carte in tavola provocato dagli aggiustamenti compiuti in corsa dallo stesso Trump, con effetti diretti sugli investimenti e sulle esportazioni.
Secondo Indermit Gill, capo economista della Banca Mondiale, senza un rapido cambio di rotta, il deterioramento economico potrebbe avere ripercussioni durature sui ‘livelli di vita’ e sulla prosperità globale. La mancanza di una visione condivisa sul commercio internazionale rischia di rallentare gli sforzi per ridurre la povertà estrema e di sfavorire uno sviluppo sostenibile.
Ripercussioni per Logistica ed Export
Queste tensioni economiche globali stanno influenzando negativamente le catene di approvvigionamento e la logistica internazionale.
Si sta assistendo a nuove e frequenti interruzioni delle supply chain, che hanno radici proprio nell’effetto indebolente nei confronti della stabilità delle catene di produzione globali che hanno restrizioni commerciali e dazi, con l’aumentando i costi di trasporto e la minor efficienza delle spedizioni.
Lo scenario globale delle esportazioni sta anche mutando rapidamente, con cambiamenti nei flussi che rispecchiano il riadattarsi degli scambi commerciali tra i principali hub produttivi (come Cina, USA, Germania); i distretti produttivi stanno infatti subendo una trasformazione, orientata verso una maggiore dipendenza da fornitori interni o regionali.
Per ridurre il rischio di dipendenze esterne, alcune imprese stanno ri-localizzando la produzione, privilegiando fornitori più vicini ai mercati di consumo.
Quali prospettive future
Anche se il quadro è a tinte fosche, ci sono spiragli di ottimismo: la Banca Mondiale segnala che la crescita globale potrebbe migliorare se le tensioni commerciali dovessero attenuarsi, accompagnate da politiche economiche che favoriscano investimenti strutturali e creazione di posti di lavoro.
Tuttavia, l’incertezza legata ai futuri sviluppi economici, agli equilibri geopolitici e agli effetti del cambiamento climatico (il grande decaduto nel dibattito mondiale) lascia aperti interrogativi sulle prospettive del commercio e della logistica globale.
Senza un’azione concreta per garantire stabilità economica e promuovere la cooperazione internazionale, il rischio di una prolungata stagnazione rimane elevato.