Cambi di rotta: i flussi di container dalla Cina al Messico registrano il maggior incremento globale

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Da un anno all’altro i container cinesi approdati sulla West Coast messicana sono aumentati del 60%; è il Paese latino americano a prosperare o c’entra la guerra doganale con gli USA?

La domanda che si pongono gli analisti è lecita: è l’economia messicana a stare decollando, con una richiesta di beni in eccezionale aumento, oppure la nazione centramericana sta servendo da ‘backdoor’ (letteralmente: “porta sul retro”) per aggirare la guerra doganale nei confronti dell’import cinese negli USA?

Certo, dal nostro punto di vista potremmo rimanere freddi osservatori e commentare che gli statunitensi hanno una sorta di ‘ossessione’ per la questione delle importazioni cinesi – nonché dei rapporti in genere con l’economia del Dragone, basti pensare alla recente direttiva della Casa Bianca contro le gru portuali made in Pechino, sospettate di fungere da ‘cavalli di troia’ informatici.

Però, in era pre-Covid, ancor prima di Trump presidente, l’aggressività commerciale cinese era argomento quotidiano per la logistica anche nella UE, dove molti settori industriali lamentavano procedure scorrette e sospettavano un ricorso sistematico al dumping, ossia al ‘doping’ statale per mantenere i prezzi delle esportazioni cinesi talmente al di sotto dei prezzi di mercato da mandare gambe all’aria qualsiasi competitor.

Qualche anno dopo, diverse ‘guerre dei dazi’ dopo potremmo dire, l’argomento torna in forte auge ed è dunque difficile non notare – visto anche il contesto internazionale – il particolare balzo avanti compiuto dai flussi di container che partono dalla Cina e sbarcano, in questo caso, in Messico.

Container Cina-Messico, una crescita eccezionale

Il dato è questo: confrontando direttamente Gennaio 2023 con Gennaio 2024 l’incremento dei Teu in ingresso verso la costa ovest del Messico consta di ben 60 punti percentuali: 117mila Teu contro i 73mila del gennaio precedente. Registrare un +60% in un determinato periodo dell’anno deve in qualche modo giustificarsi, soprattutto perché va contro a qualsiasi storico relativo ai rapporti commerciali tra le due nazioni.

Altro dato significativo è l’incremento medio annuo registrato nell’arco dell’intero 2023 sempre da parte dei flussi di container che dalla Cina vanno in Messico, attestatosi al +34,8%. Anche in questo caso, il confronto con la storia recente è impietoso, dato che nel 2022 il tasso di incremento dei traffici tra Pechino e Città del Messico arrivava appena al +3,5%.

Che le merci in entrata verso il Paese del Centroamerica siano in aumento e che il governo messicano pianifichi di rendere strutturali certi incrementi è rilevabile da alcuni investimenti, come la costruzione di un nuovo scalo aeroportuale dedicato solo alle merci proprio a Città del Messico, ma non risulta che l’economia latinoamericana sia in generale così florida da richiedere per il proprio consumo interno una tale massa di beni, specialmente da un anno all’altro.

L’ipotesi ‘backdoor’ per aggirare i dazi

Xeneta, una delle più note firme di analisi della movimentazione merci sul pianeta, si è sbilanciata ad ipotizzare che una ragione stia proprio nella sotterranea guerra doganale e commerciale che è in atto da anni tra Washington e Pechino.

Entrare negli States dal Messico è, infatti, più agevole se il focus sono le tasse alla frontiera: il sospetto degli analisti è che una discreta parte di questo incremento ‘monstre’ sia poi convogliato su gomma verso il confine degli USA, probabilmente senza più palesare la propria origine asiatica.

Si tratterebbe dunque di una ‘porta sul retro’ per aggirare le tassazioni in entrata negli States: un altro dato che Xeneta cita è relativo ai noli marittimi sulle rotte tra Cina e West Coast degli Stati Uniti e tra Cine e West Coast del Messico, che, a partire da un anno fa circa, sono crollati a favore della tratta verso il Paese latinoamericano e solo adesso si sono sostanzialmente riallineati.

Volatilità dei traffici

Preso atto della situazione, il punto interessante da osservare è ancora un altro, ossia la volatilità delle rotte commerciali stesse. Dopo decenni, infatti, nei quali i traffici hanno solcato mari e cieli più o meno secondo tracciati consolidati, che parevano inamovibili in quanto mettevano in comunicazione produttori e mercati stabili, ora tutto si rimescola nel giro di pochi mesi, se non settimane.

Se fosse vero quanto ipotizzato da Xeneta, non ci vuole molto ad intuire che, al primo girare del vento, le rotte fino ad un momento prima ipertrofiche si sgonfieranno in un batter d’occhi per andare a ricostituirsi altrove. La situazione del Mar Rosso fornirebbe a tal proposito molteplici altri esempi.

Questo deve mettere in guardia soprattutto gli importatori, ma anche le economie locali, che rischiano di essere cannibalizzate ed utilizzate a proprio uso e consumo da grandi potenze economiche e commerciali: investire e spostare i propri traffici da una nazione ad un’altra, per poi ritrovarsi improvvisamente a secco di merci non è un colpo facile da assorbire. Ancora meno lo sarebbe per uno Stato che decidesse di costruire infrastrutture per poi rimanere con delle ‘cattedrali nel deserto’ in mano.

L’equilibrio mondiale è davvero instabile e la lettura di che cosa stia facendo la logistica sta divenendo un affare davvero rischioso.

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