Fabrizio Dallari, Direttore del C-log, Università C. Cattaneo LIUC e direttore scientifico della rivista Logistica

La logistica, si sa, ha i suoi ritmi. In genere i magazzini aprono la mattina presto (tra le 6:00 e le 7:30) per il ricevimento merci e attendono l’arrivo degli automezzi nel corso della mattinata, al massimo sino alle 12:30-13:00.

Nel pomeriggio, al contrario, si lavora all’allestimento degli ordini che, in linea di massima, sono entrati la sera prima, vengono elaborati la mattina stessa e rilasciati in tarda mattinata.

Una volta pronte le merci in banchina è l’ora del carico degli automezzi, che si presentano dal primo pomeriggio sino a sera (in genere non oltre le 18:00) in funzione della tratta da compiere: per primi si caricano quelli che vanno più lontano o che passano da un punto di consolidamento. Infine, quelli che devono fare consegne vicine e che possono pertanto partire più tardi.

Questo è il classico “bioritmo” di un magazzino che lavora su un turno di lavoro allungato e che si ripete ogni giorno nella stragrande maggioranza dei casi. È quindi naturale che questo modus operandi condizioni anche il “bioritmo” dei trasportatori, vincolati a loro volta dal rispetto delle ore di guida: secondo il Regolamento n. 1054/2020 (UE), i conducenti di veicoli industriali non devono guidare più di 9 ore al giorno e riposare per almeno 11 ore al giorno. Tuttavia, il regolamento non dice in che fascia oraria il trasportatore “deve riposare” e quando invece “deve guidare”. Ragion per cui il bioritmo dei trasportatori si adegua a quello dei magazzinieri: sveglia tra le 4:00 e le 6:00 del mattino, accensione del camion tra le 5:00 e le 7:00 di modo tale da sincronizzarsi con l’apertura del magazzino in cui dovrà svolgere la prima consegna.

Se l’80% dei cicli logistici giornalieri funziona in questo modo, è naturale che le autostrade siano invase dagli automezzi già dalle prime ore del mattino e che nei magazzini, specialmente quelli di grande dimensione, si creino delle code allo scarico. Mi chiedo però se, in tempi di risorse scarse e di carenza di autisti, non valga la pena estendere la finestra di lavoro dei magazzini (con più turni sovrapposti) di modo da consentire agli automezzi di arrivare quando vogliono/possono, financo al tardo pomeriggio. L’obiettivo naturalmente è quello di non far attendere gli autisti, risorsa molto preziosa di questi tempi, dilatando le operazioni su una finestra più ampia. Ovviamente non si tratterebbe di cambiare radicalmente il bioritmo ma di cercare flessibilità (nel magazzino) a favore dell’efficienza (del trasporto).

Tuttavia, l’efficienza di entrambe le componenti del processo distributivo (magazzino e trasporto) sono compromesse dal livello di servizio pattuito tra cliente e fornitore. Se chi emette gli ordini ragiona con cadenza fissa, potrebbe richiedere allo stesso fornitore di consegnare ogni due o tre settimane anziché tutte le settimane, aumentando il quantitativo riordinato. E si potrebbero altresì accordare sull’orario di consegna, consentendo al trasportatore di trovare un’ottimizzazione nella fase di creazione dei viaggi o di ricorrere a modalità di trasporto più sostenibili quali ad esempio il trasporto intermodale.

Di certo se non si modifica il “bioritmo” della domanda, anche quello della logistica e le relative prestazioni saranno le stesse.

Prof. Fabrizio Dallari

Direttore del Centro sulla Supply Chain e Logistica

LIUC Università Cattaneo

fabrizio.dallari@tecnichenuove.com

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