Negli ultimi mesi, il panorama del commercio globale ha vissuto un’accelerazione diplomatica significativa, dopo che l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca si è tradotto in barriere tariffarie punitive.
A fine giugno le trattative tra Stati Uniti, Unione Europea e Cina sembrano essersi avviate verso una fase più costruttiva in vista del 9 luglio, data in un primo momento posta a spartiacque definitivo tra il ‘prima’ ed il ‘dopo’ politica commerciale Maga.
Washington potrebbe siglare due intese cruciali che ridefinirebbero gli equilibri commerciali e, quindi, industriali globali: un possibile compromesso con Bruxelles per evitare l’imposizione di dazi al 50% su beni europei e un accordo, formalizzato con Pechino, che riattiva il flusso di terre rare, fondamentali per l’hi-tech e la transizione energetica.
Appare dunque sempre più chiara la strategia trumpiana di entrare a gamba tesa sugli equilibri consolidati da decenni per poter mettere in discussione, a vantaggio degli USA, quello che veniva considerato uno status quo.
USA e UE: tregua vicina?
La trattativa tra Washington e Bruxelles è giunta a un punto critico. L’amministrazione Trump ha annunciato dazi del 50% su quasi tutte le importazioni UE, a partire dal 9 luglio (data di sospensione temporanea dei dazi stessi), a cui l’UE ha risposto con la minaccia di contromisure su circa 116 miliardi di euro in beni statunitensi.
Tuttavia, il tono recente dei colloqui indica un’apertura reciproca: Ursula von der Leyen ha rivelato l’esistenza di una nuova proposta americana e molti leader europei sarebbero pronti ad accettare uno squilibrio moderato pur di scongiurare uno scontro aperto.
I settori coinvolti vanno dall’acciaio all’auto, dalla farmaceutica ai semiconduttori. L’obiettivo potrebbe non essere un accordo definitivo, ma una “intesa quadro” che consenta di guadagnare tempo e costruire progressivamente una convergenza.
USA e Cina: flussi strategici riaperti
Parallelamente, Washington e Pechino hanno firmato la settimana scorsa un accordo formale che chiude una prima fase di contrapposizione commerciale. Dopo il botta e risposta a suon di reciproche ondate tariffarie (fino al 145% USA e 125% Cina), le due potenze hanno siglato un’intesa che abbassa le tariffe a livelli più gestibili (30% USA, 10% Cina) e, soprattutto, ristabilisce le esportazioni cinesi di magneti e terre rare.
Questi materiali, fondamentali, tra gli altri, per le batterie dei veicoli elettrici, microchip e turbine eoliche, erano soggetti a restrizioni da parte di Pechino dal mese di aprile, con la revoca della licenza ad operare sul mercato cinese ad alcuni esportatori specializzati statunitensi; ora il flusso di esportazioni verso gli USA viene riattivato con un sistema di licenze accelerato. In cambio, gli USA hanno sospeso alcune restrizioni tecnologiche e non revocheranno più i visti agli studenti cinesi.
Cosa aspettarsi dopo il 9 luglio
Sul fronte UE, è probabile che venga siglato un accordo di principio che eviti l’entrata in vigore dei dazi americani, mantenendo le trattative aperte. In caso contrario, scatterebbero le contromisure europee su settori strategici come aviazione e agroalimentare, con ripercussioni, in quel caso, forti su logistica e distribuzione.
Con la Cina, dopo l’intesa di fine giugno, si prevede un consolidamento delle forniture industriali ad alto contenuto tecnologico: tuttavia, Pechino mantiene il controllo legale sull’export delle terre rare, potendo modulare le licenze caso per caso.
Gli effetti sul commercio globale
La distensione tra i tre poli commerciali principali apre nuovi scenari per gli operatori della logistica, dell’industria e del commercio.
Si attenua infatti la pressione sui costi doganali, mentre si stabilizzano catene di approvvigionamento provvisoriamente interrotte in attesa di capire come si sarebbe assettato il nuovo equilibrio. Tuttavia, resta l’incertezza normativa, soprattutto sul versante cinese, e una volatilità geopolitica per sua natura legata alle politiche industriali protezioniste.
Per le imprese europee e americane, la posta in gioco è alta: la normalizzazione dei rapporti potrebbe tradursi in minori oneri all’import, maggiore prevedibilità nei flussi e nuove opportunità di investimento lungo le filiere critiche dell’energia, dell’elettronica e della mobilità sostenibile.
L’attenzione resta ora puntata sulle prossime settimane: il 9 luglio non sarà solo una scadenza politica, ma un banco di prova per una nuova architettura del commercio globale.