Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), l’efficienza energetica globale è destinata a migliorare dell’1,8% nel 2025.
Una buona notizia, ma ancora distante dall’obiettivo del 4% annuo che era stato fissato al vertice COP28. Tra i fattori che rallentano il raggiungimento di questo obiettivo, l’IEA identifica sia le tensioni nelle catene di fornitura, che la carenza di manodopera qualificata.
Proprio il modificarsi delle esigenze energetiche delle nazioni porterà anche ad una progressiva modifica della Supply Chain dell’energia, soprattutto per quel che concerne il trasporto degli idrocarburi.
Meno importazioni, più sicurezza
Sebbene con tempistiche dilatate rispetto all’ideale, non si può dire che nulla sia stato fatto. Le politiche mirate all’aumento dell’efficienza energetica intraprese e portate avanti dai vari Stati hanno già ridotto la dipendenza dai combustibili fossili: nei Paesi importatori, il fabbisogno è calato del 20% dal 2000.
Alcuni esempi sono evidenti: in Giappone, l’impiego di trasporti più efficienti – ingenti e decisi gli investimenti sull’elettrico e sull’idrogeno – ha tagliato le importazioni di petrolio del 18%, mentre nel Regno Unito il gas importato è stato dimezzato grazie a edifici e impianti industriali più performanti.
Ciò malgrado, l’UE ha speso ancora oltre 121 miliardi e 500 milioni di dollari in energia nell’arco del 2024, segno che il percorso è tutt’altro che concluso.
Industria, investimenti in transizione e veicoli elettrici
L’industria globale produce oggi il 20% in più per ogni unità di energia consumata rispetto al 2000 e, per quanto riguarda la UE, la produttività energetica è cresciuta del 50% con un consumo ridotto del 25%.
L’IEA rileva che quasi il 40% delle imprese considera l’efficienza la risposta principale all’aumento dei costi. Bruxelles ha stanziato oltre 115 miliardi di dollari per sostenere i settori più energivori, mentre gli investimenti globali in efficienza nel 2025 sfioreranno gli 800 miliardi.
Uno dei punti più critici è l’incidenza che i costi energetici hanno sui prodotti finiti e sui processi dei differenti settori: secondo l’IEA, il 35% delle vendite nel settore della produzione alimentare è eroso dai costi dell’energia usata, come lo è il 20% nel settore tessile.
Da rilevare è anche che la filiera dei veicoli elettrici sta cambiando geografia, sganciandosi dai mercati di fascia élite dei Paesi economicamente più forti, i cosiddetti ‘ricchi’.
Ad essere esplose (e a poter fare la differenza per via del numero di consumatori coinvolti) sono infatti le vendite nei mercati emergenti, che sono cresciute del 60% nel 2024 trainate dai produttori cinesi, predominanti nelle importazioni verso Paesi come Egitto, Indonesia e Brasile. La Cina ha anche raddoppiato gli incentivi per l’efficienza domestica, investendo 42 miliardi di dollari nel settore dei condizionatori.
Cercansi competenze per un settore in crescita
Nel 2024, il settore dell’efficienza ha impiegato 18 milioni di persone, ma il 72% delle aziende segnala difficoltà nel reperire personale. Si tratta di un dato che rispecchia l’inadeguatezza dei percorsi formativi attivi nei Paesi occidentali, in ritardo su quelle che sono le reali esigenze del mercato lavorativo: la percentuale di impiegati nell’energia è infatti aumentata del 6% l’anno, dimostrando un forte dinamismo di questa branca.
Se l’efficienza passa anche dalle costruzioni – e i costi edilizi in Europa sono aumentati del 20% dal 2021 – letensioni geopolitiche sono intervenute a loro volta complicando ulteriormente le forniture.
C’è da dire che che le stesse forniture di cui si parla stanno mutando in tempo reale, mentre altre sono soggette a cambiamenti strutturali: basti pensare agli idrocarburi, il cui taglio dei consumi da parte delle società industrializzate porta inevitabilmente ad un ridisegno delle rotte e delle richieste che vengono fatte al comparto del trasporto marittimo.



