Il grande decoupling: USA e Cina verso un nuovo ordine commerciale

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Per decenni il corridoio commerciale tra Stati Uniti e Cina ha rappresentato l’arteria principale dell’economia globale, solcato da container pieni di merci che attraversavano il Pacifico, alimentando la crescita di entrambe le potenze e stabilendo un equilibrio che sembrava incrollabile. 

Oggi, però, i dati raccontano una storia diversa: il transpacifico non è più un ponte solido, quanto piuttosto una rotta in frantumi. Molte testate statunitensi stanno svegliando il termine “decoupling” per descrivere la separazione strutturale che sia sta generando tra le due economie – quella americana e sulla cinese – processo che, peraltro, non appare più reversibile.  

Il collasso strutturale del corridoio Washington-Pechino  

Le statistiche recenti sono esplicite e mostrano un drastico calo delle spedizioni cinesi verso gli Stati Uniti, con contrazioni che toccano il 30% su base annua. Parallelamente, i porti americani registrano un crollo delle importazioni containerizzate, con proiezioni in declino a doppia cifra fino al 2026. 

Non si tratta di oscillazioni cicliche: la convergenza tra dati cinesi e americani indica una frattura permanente. Il “collasso strutturale” significa che la rotta commerciale più redditizia al mondo ha perso stabilità, generando un surplus di capacità navale e tariffe in discesa.  

La strategia cinese: diversificazione e surplus record  

La Cina, dal canto suo, ha reagito alla perdita del mercato statunitense ampliando la propria rete di esportazioni verso Europa, America Latina e Africa. Ecco come mai, nonostante il calo verso Washington, Pechino ha infatti registrato un surplus commerciale superiore ai mille miliardi di dollari nei primi undici mesi del 2025, con un incremento del 22% rispetto all’anno precedente. 

L’export complessivo è cresciuto del 5,9% a novembre, mostrando una robusta resilienza. Al contrario, è il settore manifatturiero interno a evidenziare debolezza, con ordini in contrazione da otto mesi consecutivi – segno che la crescita dipende ancora fortemente dalla domanda esterna, il che rappresenta l’unica vera leva a disposizione dell’Occidente.  

La risposta americana: riduzione della dipendenza  

Negli Stati Uniti, il calo delle importazioni dalla Cina sembra non aver frenato i consumi, se è vero che le vendite natalizie superano la soglia del trilione di dollari. Ciò dimostra che i retailer hanno diversificato le fonti di approvvigionamento, fatto scorta a suo tempo per evitare i dazi e costruito scorte capaci di ridurre momentaneamente la propria dipendenza da Pechino. 

Questo “frontloading” ha creato un vuoto nei mesi successivi, ma le proiezioni fino al 2026 confermano che la riduzione delle importazioni non è solo temporanea. Washington sta quindi effettivamente spingendo il ridisegno delle catene di fornitura, incentivando lo spostamento di parte delle produzioni verso partner alternativi.  

Politica commerciale e incertezza  

La tregua siglata tra Xi Jinping e Donald Trump a fine ottobre ha, sì, ridotto alcuni dazi e controlli, ma le tariffe non si può dire che si siano azzerate: pesano per circa il 47,5% sui prodotti cinesi e per il 32% su quelli americani. Anche se alcune misure venissero annullate, l’amministrazione statunitense potrebbe reintrodurle sotto altre forme, mantenendo un quadro instabile. 

L’incertezza normativa si somma alla trasformazione strutturale dei flussi commerciali, rendendo improbabile un ritorno al passato.  

Prospettive per il commercio mondiale  

Il decoupling tra le due maggiori economie segna l’inizio di una “nuova normalità”, intesa come sistemi paralleli che si frammentano e si adattano a un’instabilità cronica. 

In questa dinamica, la Cina sta rafforzando i legami con vari mercati emergenti e con l’Unione Europea, mentre gli Stati Uniti si sono gettati sul consolidare rapporti con fornitori alternativi in altre aree dell’Asia e nelle Americhe. 

Per il commercio globale questo si traduce in una maggiore regionalizzazione,  nella riduzione della centralità del Pacifico e nella crescita di rotte alternative, attorno alle quali si svilupperanno ancora altri interessi. Il mondo pare avviarsi quindi verso un mosaico di corridoi commerciali, meno integrati ma singolarmente più resilienti, dove la dipendenza da un solo partner viene sostituita da reti multiple.  

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