Il settore marittimo internazionale attendeva con grande interesse la sessione straordinaria del Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC) dell’IMO, tenutasi a Londra dal 14 al 17 ottobre 2025.
All’ordine del giorno c’era l’adozione del Net-Zero Framework, che ha costituito materia di discussione negli scorsi mesi e che buna parte del settore navale e shipping attendeva per capire che indirizzo dare ai propri investimenti sul futuro.
Il Net-Zero Framework è un insieme di misure normative pensate per ridurre le emissioni di gas serra (GHG) dalle navi e allineare il trasporto marittimo agli obiettivi di decarbonizzazione globali. Tuttavia, dopo giorni di negoziati serrati, gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo, rinviando la decisione di dodici mesi.
Cosa prevede il Net-Zero Framework
Il Net-Zero Framework nacque come colonna portante della Strategia IMO 2023 per la riduzione dell’impatto ambientale del comparto navale ed è strutturato in due componenti principali, cale a dire lo standard globale sui carburanti e il meccanismo di costi e compensazioni per le emissioni GHG.
Il primo mira a definire i requisiti minimi di sostenibilità per i combustibili utilizzati dalle navi, mentre il secondo introduce un sistema di carbon pricing a livello mondiale, con l’obiettivo di far rientrare i costi ambientali tra quelli vivi delle società armatrici e di navigazione, stimolando gli investimenti in tecnologie pulite.
Nel momento in cui dovesse essere adottato, il framework renderebbe il trasporto marittimo il primo settore industriale regolato da un sistema globale di prezzo del carbonio.
Le ragioni del rinvio
Il mancato consenso è stato frutto di divergenze politiche e commerciali. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha criticato il framework definendolo una ‘tassa globale sul carbonio’ e, per questo, ritiene che penalizzerebbe gli interessi statunitensi, ma voci decisamente contrarie si sono levate anche dal Vecchio Continente, dove alcuni armatori lo hanno giudicato irrealistico e scollegato dalle dinamiche del commercio globale.
Posizioni come queste hanno generato notevoli tensioni e impedito l’approvazione del nuovo Capitolo 5 dell’Allegato VI della MARPOL.
L’aria non era d’altronde delle più rilassate e promettenti: l’attesa per la decisione accumulata nei mesi scorsi aveva generato un clima di forte pressione tra gli stakeholder. L’industria marittima, rappresentata dalla International Chamber of Shipping (ICS), aveva espresso la necessità di chiarezza normativa per pianificare investimenti in carburanti alternativi, retrofit navali e tecnologie di riduzione delle emissioni.
Da questo punto di vista, l’adozione del Framework sarebbe stata preferibile, in quanto la mancanza di regole condivise rischia, innanzitutto, di rallentare la transizione ecologica, ma anche di aumentare l’incertezza per armatori e noleggiatori.
I rischi di una frammentazione normativa
L’assenza di un quadro globale condiviso potrebbe incentivare la frammentazione normativa, con zone giurisdizionalmente al di sotto di differenti egide statali che adottano misure ognuna per sé. L’Unione Europea ha già esteso il proprio sistema di scambio delle emissioni al trasporto marittimo e altre aree stanno valutando strumenti simili.
Un incancrenirsi di tale scenario comporterebbe ad una serie di sconvenienze per il settore della navigazione e la più evidente tra queste sarebbe un probabile aumento dei costi di conformità, perché le navi dovrebbero adeguarsi a regole diverse in base alle rotte seguite.
Si corre poi il rischio di una distorsione del mercato, con operatori sottoposti a regimi più severi che potrebbero essere penalizzati rispetto a concorrenti stanziati in regioni meno regolamentate, mentre tra le complicazioni operative emerge subito come la gestione di flotte globali diventerebbe più complessa e meno efficiente.