Nel contesto marittimo e portuale, l’interoperabilità è la capacità di diversi sistemi digitali – gestionali, doganali, bancari, logistici – di comunicare tra loro in modo fluido, sicuro e standardizzato. Non si tratta solo di connettività tecnica, ma di una vera e propria ‘lingua comune’ che consente ai dati di viaggiare senza attriti tra nave, banchina, uffici e confini.
Questa trasformazione è guidata dalla Digital Standards Initiative (DSI) della International Chamber of Commerce (ICC), che ha definito una struttura semantica condivisa composta da 189 elementi dati e 36 documenti chiave.
Questi standard non reinventano nulla, ma svolgono la funzione di collegamento tra quelli esistenti, permettendo ai sistemi di leggere e interpretare le stesse informazioni lungo l’intero ciclo operativo.
Perché è fondamentale?
L’interoperabilità è considerata la nuova infrastruttura dello shipping per cinque motivi principali.
Il primo è l’apporto all’efficienza operativa: con dati leggibili dalle macchine e condivisi tra sistemi come TMS, WMS, PCS, banche e dogane, si riducono drasticamente i reinserimenti manuali, le eccezioni e i tempi di sosta. Le chiamate di stato diventano eventi verificabili, e le milestone digitali possono attivare automaticamente processi di finanziamento e sdoganamento.
Il secondo è l’affidabilità legale: grazie all’Electronic Trade Documents Act del Regno Unito, documenti digitali come gli eBL (electronic Bill of Lading) hanno ora lo stesso valore legale dei documenti cartacei, purché gestiti su ‘sistemi affidabili’ che garantiscano unicità, integrità e controllo esclusivo.
Si tratta di un metodo che riduce il rischio legale e semplifica l’adozione da parte di vettori e spedizionieri.
Il terzo è la fiducia scalabile: l’identità digitale, tramite LEI (Legal Entity Identifier) e vLEI (verificable LEI), consente di autenticare controparti e documenti una sola volta e riutilizzare le prove su più reti. Questo elimina la necessità di ripetere cicli KYC e trasforma il principio ‘zero trust’ in throughput operativo.
Il quarto è la standardizzazione e la conseguente riduzione dei costi: la standardizzazione semantica permette di ridurre le eccezioni, comprimere i tempi di ciclo e semplificare le riconciliazioni. I fornitori di software possono costruire modelli dati interoperabili, riducendo la dipendenza da soluzioni proprietarie e costose.
Infine, viene il vantaggio competitivo: i primi ad adottare l’interoperabilità definiscono le norme operative nei corridoi commerciali chiave, attirando carichi, capitali e partner fintech. Il finanziamento alle PMI può seguire eventi logistici verificabili, non più scansioni cartacee o email. Questo apre la strada a confini programmabili, audit ESG semplificati e una maggiore trasparenza.
Come si implementa?
L’ICC DSI propone un vero e proprio playbook operativo per porti e vettori: le proposte contemplano l’integrazione LEI/vLEI nei flussi di onboarding, prenotazione e documentazione, la richiesta di modelli dati allineati a KTDDE (Key Trade Documents and Data Elements) nei sistemi TOS, PCS e nelle integrazioni finanziarie, di certificare lo status di ‘sistema affidabile’ per eBL e strumenti correlati, seguendo le linee guida dei Club IG e i registri emergenti.
Infine, di eseguire test pilota su corridoi digitali sandbox per verificare la riusabilità dei dati tra terminali, dogane e banche.
Cosa aspettarsi nel 2025
Il 2025 sarà un anno di svolta. Sempre più vettori si impegneranno su flussi completamente digitali, con l’eBL che diventerà lo standard anche per il bulk e i carichi speciali.
Le coalizioni intersettoriali stanno già traducendo la roadmap ICC in guide operative e valutazioni pronte all’uso, trasformando progetti pilota in programmi scalabili.
L’interoperabilità non è una piattaforma, ma un ecosistema. Non serve costruire nuovi software, ma occorre adottare un linguaggio condiviso, un’identità digitale e una fiducia verificabile. È la risposta concreta alla complessità del commercio globale, nonchè la base per un futuro marittimo più veloce, sicuro e trasparente.
La chiamata all’azione è chiara: integrare ora, perché la prossima crisi non deve mettere alla prova un labirinto cartaceo, ma una rete digitale pronta a reagire.