Intelligenza artificiale e visibilità sono diventate parole molto ricorrenti nel dibattito quotidiano legato alla Supply Chain: entrambe sono lo specchio di una vera e propria ansia ‘da controllo’ della logistica e, in particolare, del procurement.
La motivazione dietro a tanto bisogno di monitorare tutto, quasi di vivere in una blockchain, delle catene di approvvigionamento globali si legge facilmente nella loro storia recente: in appena cinque anni, a partire dalla pandemia, si sono innescate una serie inaudita di turbolenze globali che hanno messo a nudo una fragilità della logistica definibile sistemica.
Dopo i cambiamenti climatici e i colli di bottiglia logistici, anche i dazi commerciali e l’instabilità geopolitica si sono sommati al novero delle spine nel fianco del ‘vecchio ordine’, mettendo in breve tempo in crisi modelli consolidati.
Ne è specchio, nonché spunto di riflessione, il polso del ‘sentiment’ emerso tra i professionisti del procurement, secondo i dati raccolti in una indagine da H&Z Management Consulting nel Regno Unito, che ha subito un costante declino dal quarto trimestre del 2023, riflettendo per l’appunto l’incertezza e la difficoltà nel prendere decisioni strategiche in un contesto volatile.
L’illusione del controllo: visibilità non vuol dire gestione
Il contesto estremo nel quale molte aziende si sono trovate a muoversi ha esacerbato un atteggiamento già insito nelle persone ben prima dello sgretolarsi dell’ordine finora conosciuto: il riferimento è alla tendenza ad affidarsi fideisticamente alla tecnologia, senza effettivamente padroneggiarla né tantomeno comprenderne l’effettivo potenziale.
In risposta a situazioni di forte incertezza, molte aziende hanno infatti investito in strumenti di mappatura e visibilità della supply chain, con la convinzione che conoscere l’origine dei propri input equivalesse a controllarli. Qui, come sottolinea un’altra ricerca, ‘Tariffs Drive Price Pressures’ di PYMNTS Intelligence, la Suppy Chain è incappata in una sorta di allucinazione collettiva.
La visibilità è infatti importante, ma è solo il primo passo: senza un piano d’azione, rischia di diventare una falsa sicurezza. Il 62% delle PMI intervistate prevede oggi carenze di prodotto, mentre il 66% teme l’aumento dei costi delle materie prime, a dimostrazione che la mappatura, se non integrata in contratti, strategie di sourcing e monitoraggio in tempo reale, resta un esercizio sterile.
La ‘fase Schrödinger’ dell’IA
Nel tentativo di superare questa impasse, il settore del procurement si sta affidando sempre più all’intelligenza artificiale. Molto interessante è la definizione che viene data alla fase attuale di questa tecnologia nella percezione dei suoi potenziali utenti, ossia “fase Schrödinger”. Il riferimento è alla teoria provocatoria e spesso fraintesa dell’omonimo fisico austriaco padre della meccanica quantistica, ricordato spesso solo per l’aneddoto del gatto, il quale, una volta chiuso in una scatola dotata di un congegno autodistruttivo, è impossibile sapersi se sia vivo o morto (aprire la scatola equivarrebbe ad ucciderlo).
L’Intelligenza Artificiale vive – semplificando molto – un simile paradosso in quanto è contemporaneamente vista come soluzione rivoluzionaria e come potenziale spreco di risorse. L’unico modo per scoprirlo sarebbe ‘aprire la scatola’.
Ancora secondo H&Z, il 67% dei professionisti utilizza almeno uno strumento di IA, ma il 44% è ancora in fase pilota e solo il 20% ha una parziale integrazione nei processi. I dati sono grosso modo coerenti con quelli raccolti da altre indagini e, secondo questo trend, meno del 10% delle aziende realizza valore concreto dagli investimenti in IA. Eppure, il 57% degli intervistati prevede impatti positivi o molto positivi nella capacità di previsione nei prossimi tre anni.
Procurement e resilienza: l’IA come leva strategica
Il procurement, da funzione operativa, è chiamato a diventare leva strategica per la resilienza. Che i CFO debbano usare dati e IA per rendere la finanza più efficiente e strategica lo ha affermato persino Mastercard nel forum ‘B2B.AI: the Architecture of intelligent money movement’.
La mappatura digitale consente di modellare i costi delle interruzioni, valutare il near-shoring e quantificare il capitale bloccato in scorte di sicurezza; tuttavia, la vera svolta avviene quando i dati vengono usati per rinegoziare contratti, diversificare fornitori e anticipare gli shock.
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Trasparenza: promessa e paradosso
In tutto ciò, la trasparenza è la seconda parola ‘ossessione’ della logistica degli ultimi anni. Tracciare i fornitori di primo, secondo e terzo livello permette di penetrare la nebbia dei sistemi aggregati.
Tuttavia, come mostra il report ‘Vendors and Vulnerabilities‘, sempre di PYMNTS, il 38% delle frodi su fatture e il 43% degli attacchi phishing derivano da fornitori compromessi.
Conoscere quindi non basta, occorre agire, altrimenti la trasparenza, se non accompagnata da governance e reattività, diventa un paradosso.
Verso un nuovo paradigma
La gestione della supply chain nel 2026 non potrà più basarsi su strumenti statici o su promesse tecnologiche indefinitamente da mantenersi.
Le aziende devono superare l’illusione del controllo e abbracciare un approccio dinamico, dove visibilità e IA non siano fine a sé stesse, ma strumenti per decisioni rapide, informate e resilienti. In questo modo il procurement potrà trasformarsi da funzione reattiva a motore strategico di adattamento.



