La crisi nel Mar Rosso continua a influenzare significativamente le rotte marittime globali, causando continui riallineamento dei flussi container e commerciali.
Uno scenario interessante è quello delineatosi nel settore mediorientale e della penisola arabica, dove i porti degli Emirati Arabi Uniti, dell’Arabia Saudita e dell’Oman giocano, sebbene con fortune alterne, un ruolo prevalente rispetto al passato, mentre, al contempo, i porti del Mediterraneo orientale affrontano quasi solo cali degli afflussi di navi.
Sebbene sia difficile, se non fuorviante, paragonare i flussi commerciali dei porti mediterranei e di quelli arabi, è possibile analizzare i dati relativi alle diverse regioni e le tendenze più recenti in merito per farsi un’idea della nuova geografia delle rotte.
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La situazione dei porti del Mediterraneo Orientale
L’implodere dello status quo nel mar Rosso, con il crollo dei transiti dal Canale di Suez, sta facendo pagare un conto significativo ai porti del Mediterraneo orientale, soprattutto in quanto a connessioni con le rotte transoceaniche.
Guardando ai porti dell’area – Pireo, Limassol, Ashdod, Haifa, Mersin, Porto Said e Alessandria – i mesi estivi del 2024 hanno rivelato tendenze miste, generalmente negative, seppur con qualche eccezione.
Il porto del Pireo, principale scalo della Grecia, è uno di quelli in maggior sofferenza per l’asfissia di Suez: esso ha infatti registrato il calo più consistente della connettività, con una complessiva diminuzione dell’8,39% nel 2024. Un declino che potrebbe essere attribuito a problemi operativi e dinamiche competitive solo in parte.
Il porto di Alessandria, in Egitto, condivide un destino simile a quello greco e che l’area sia in generale declino per i traffici marittimi lo dimostra l’accodarsi in questo elenco del porto turco di Mersin, che ha affrontato un forte calo (-12,2%) nella connettività.
Ci sono anche delle eccezioni nel quadro complessivo: spostandosi ad esempio a Cipro, il Porto di Limassol ha, in controtendenza, ha mostrato un leggero aumento nella connettività, indicando miglioramenti strategici e una crescente importanza nel commercio regionale, forse aiutato dalla posizione geografica.
Ben più forte la controtendenza fatta registrare dall’egiziano porto Said: ha visto il maggiore miglioramento positivo nella connettività, con un aumento del 6,23% dal primo al terzo trimestre del 2024. Un miglioramento che suggerisce un aumento dell’efficienza e della capacità del porto che potrebbe aver distratto flussi da altri scali limitrofi.
Discorso leggermente a parte si può fare per la nazione che invece è oggi sulla bocca di tutti per le operazioni di guerra nello scenario mediorientale, non slegate dal Mar Rosso, vale a dire Israele. Essa è anche un importante sede di terminal container per la regione, che sta vivendo in perdita il riassetto delle rotte: infatti sia il Porto di Ashdod che quello di Haifa hanno subito un significativo calo nella connettività, riflettendo difficoltà operative ed evidenziando le ripercussioni portate dalla situazione regionale.
La primavera dei porti Arabi
Di segno decisamente opposto le sorti di alcuni dei porti degli Emirati Arabi Uniti, dell’Arabia Saudita e dell’Oman, che hanno in media registrato una crescita significativa.
In contrasto con i porti del Mediterraneo orientale, alcuni scali merci della penisola arabica si sono trovati avvantaggiati dalla posizione geografica, che precede lo scomodo vicino di casa yemenita, dal quale partono gli attacchi verso i mercantili che solcano il Mar Rosso.
Di fatto, fare tappa nei porti arabi è, in questo momento, una delle opzioni più sicure assieme all’India per chi deve puntare dritto dall’Asia (leggi Cina) al Capo di Buona Speranza per circumnavigare l’Africa, sebbene non tutti i porti ne traggano effettivamente vantaggio.
Ecco dunque entrare a far parte delle statistiche di nostro interesse scali fino poco tempo fa ritenuti distanti dai nostri equilibri: un riferimento importante lo fornisce il posizionamento all’interno del Logistics Performance Index (LPI), misurazione introdotta dalla Banca Mondiale per quantificare la competitività della logistica a livello internazionale e macroeconomico.
Tra quanti godono del nuovo assetto delle rotte, il porto di Jebel Ali, negli Emirati Arabi Uniti, ha mantenuto livelli operativi robusti, gestendo 19,3 milioni di TEU nel 2023 e classificandosi al 7° posto a livello globale nel LPI. Le tendenze di connettività dal 2023 al 2024 sono rimaste stabili e forti, sottolineando il ruolo cruciale assunto da Jebel Ali come hub di trasbordo globale.
Il porto di King Abdulaziz, in Arabia Saudita, è un altro tra quelli che ha visto una significativa attività, con 2.516 navi arrivate nel 2023 e un aumento del 9,11% del tonnellaggio totale gestito. L’Arabia Saudita è salita di 17 posizioni nell’LPI, raggiungendo il 38° posto a livello globale, malgrado un altro suo scalo, il porto Islamico di Gedda ha invece affrontato un calo del 14,4% nei volumi di container nel 2023 e nonostante la gestione di 4.411 navi, il porto ha faticato a mantenere un flusso costante.
Non tutti i Paesi arabi registrano dati positivi: l’Oman è, per esempio, alle prese con il calo del porto di Salalah, che ha processato 3,8 milioni di TEU nel 2023, con un segno meno nei volumi di container del 22%. Questo declino è stato principalmente dovuto alle deviazioni delle navi dalla regione del Mar Rosso, aggravate dai conflitti geopolitici e dall’aumento dei costi assicurativi.