Chi ha avuto modo di vivere da vicino l’ambiente militare, durante la leva o in altre occasioni, conosce bene l’accezione della parola “logistica” per gli ufficiali dell’esercito: ordine, pulizia e disciplina.
Questo rigido imprinting l’ho ritrovato in più occasioni all’interno di magazzini o di organizzazioni logistiche gestite da ex militari o agenti delle forze dell’ordine, che coniugano gli obiettivi di produttività, qualità ed efficienza con il rigore del rispetto delle regole.
Una delle caratteristiche che più balzano all’occhio in questi magazzini è indubbiamente il livello di pulizia e di ordine: corridoi perfettamente lucidi, assenza di sporcizia nelle corsie (resti di pallet, film di plastica o scarti di reggette), carrelli puliti e silenziosi, ambiente ordinato e piacevole alla vista. Insomma, un magazzino in cui si apprezza anche l’estetica e in cui l’ordine e la pulizia sono funzionali al miglioramento delle prestazioni. Si pensi a quanti errori in fase di prelievo sono dovuti alla confusione presente in certe aree del magazzino. Oppure a quanta efficienza energetica si perde nella mancata pulizia delle vetrate o dei pannelli fotovoltaici.
“L’ambiente in cui si vive è fondamentale, se è sporco, anche la mente e il cuore delle persone vengono corrotti”. Su questa frase si fonda la nuova teoria giapponese “Management by Cleaning”. Il promotore è Hidesaburō Kagiyama, un imprenditore di successo nel settore automotive che, fin dagli albori, ha gestito la sua azienda con una filosofia di tipo partecipativo basata sulla pulizia. Secondo Kagiyama la pulizia aiuta a cambiare le aziende e a formare le persone, superando tre principali difetti: scarsa consapevolezza su quanto le circonda, incapacità di agire per cambiare ciò che non funziona e, soprattutto, forte mancanza di pazienza, intesa come costanza e spirito di sopportazione. Portando avanti l’attività di pulizia, guidata dai manager, questi tre difetti tendono a scomparire anche nel personale più operativo.
E’ evidente che non basta dare una pulita ai corridoi o ai carrelli per dare nuovo lustro a un’attività e, per guardare a questo approccio manageriale in termini non superficiali, occorre approfondire l’obiettivo che ogni organizzazione si dovrebbe dare. Che non può essere il profitto o la produttività a tutti i costi. O meglio, secondo questa filosofia, la ricerca del profitto non può essere efficace se, al contempo, non si dà alle persone l’opportunità di migliorare se stesse, se non si danno gli strumenti che aiutano a trovare un senso nel lavoro che fanno. Le prestazioni, insomma, non possono essere svincolate dall’attenzione al benessere delle persone che concorrono alla crescita e allo sviluppo del business. E come si produce questo benessere, che strumenti si danno alle persone? Si parte dall’ambiente lavorativo, che deve essere sano, pulito e ordinato dove tutti, grazie a un forte senso di appartenenza che il management concorre a creare, curano l’azienda e il magazzino come fosse qualcosa di proprio.
Prof. Fabrizio Dallari
Direttore del C-log,
LIUC Università Cattaneo