L’allungamento delle supply chain oltre i confini nazionali porta come conseguenza la necessità di gestire (o alle volte subire) la complessità di traffici che avvengono su relazioni internazionali, dense di criticità di natura doganale, fiscale e talvolta organizzativa. In questo senso la scelta del porto di sbarco, come per quello di imbarco, è una questione di vitale importanza che, come tale, non dovrebbe essere demandare al destinatario o mittente estero. I network distributivi vengono, infatti, disegnati con l’obiettivo prioritario di ottimizzare il rapporto tempi/costi di trasferimento door-to-door delle merci e lungo questo percorso i porti svolgono un ruolo decisivo e crescente. Si comprende così come i porti non competano tra loro unicamente come luoghi a servizio delle navi, ma piuttosto come anelli decisivi di catene logistiche estese a livello internazionale. Questi fattori di competitività sono da sempre il segreto del successo del porto di La Spezia, che insieme a Genova, svolge il ruolo di porto gateway verso i mercati del Nord Italia. La Spezia rappresenta, infatti, il secondo porto italiano per movimentazione di container (al netto dei porti di transhipment come Gioia Tauro) con indici di produttività di assoluta eccellenza a livello europeo, sia in termini di dwell time sia per quanto riguarda il rapporto Teu movimentati rispetto agli spazi disponibili a piazzale e lungo le banchine. Il raggiungimento della massima produttività, date le risorse disponibili, ha indotto il “Sistema Spezia” a organizzarsi secondo un modello simile a quello presente in ambito manifatturiero, ispirato alla filosofia giapponese del lean thinking che insegna a “fare meglio con meno”. Ciò significa ripensare i processi aziendali, alla ricerca delle sacche di inefficienza, con l’obiettivo di eliminare le attività che non creano valore. Nel concetto di “pensiero snello” è racchiuso quello di “collaborazione attiva”, ossia la consapevolezza da parte degli attori del sistema portuale della Spezia dell’importanza del lavoro di squadra e della necessità che le soluzioni proposte siano condivise, comunicate e comprese da tutti i soggetti coinvolti nelle diverse fasi, al punto che siano loro stessi promotori di ulteriori miglioramenti. Indubbiamente la presenza a La Spezia di un numero limitato di operatori presenti nel ciclo del container, da una parte un terminalista leader in grado di pianificare anche le fasi legate al trasporto terrestre, dall’altra spedizionieri con forti capacità innovative nell’organizzazione dei processi doganali, ha reso più facile la comunicazione e la ricerca di accordi operativi, semplificando notevolmente il processo decisionale. La Spezia nel breve volgere di due decenni è diventato il secondo porto italiano per movimentazione di container (al netto dei porti di transhipment) ed è da sempre al primo posto per l’elevato utilizzo della modalità ferroviaria (oltre il 30% del traffico container entra/esce via ferro), disponendo nell’immediato retroterra di un’area a vocazione logistica (Santo Stefano di Magra). Lo sanno bene le aziende che utilizzano La Spezia come gateway di accesso da e per i mercati internazionali che porteranno la loro testimonianza all’evento in programma il prossimo 12 maggio a Milano, in collaborazione con la rivista LOGISTICA. Tra i temi affrontati di sicuro interesse anche quello sull’innovativo sistema di preclearing, che consente lo sdoganamento in mare delle merci in arrivo. E dove c’è innovazione, noi ci siamo.
Prof. Fabrizio Dallari, Direttore del C-log, LIUC Università Cattaneo