L’interesse per la propulsione nucleare nel settore marittimo non è una novità, ma l’accelerazione impressa da Cina, Corea del Sud ed Europa segna un punto di svolta. Si sta infatti attraversando un’epoca dominata dalla priorità globale di decarbonizzarsi o, per lo meno, di lavare via decenni di inquinamento indiscriminato in nome del commercio: ora lo sdoganamento del nucleare al di là alle applicazioni militari sembra meno improbabile che in passato, grazie a tecnologie come i reattori a sali fusi (MSR) e i reattori modulari compatti (SMR), e, qualora prendesse piede su scala commerciale, ribalterebbe realmente il trasporto marittimo commerciale e molte delle sue dinamiche di forza odierne.
Al trasporto marittimo sono imputate circa il 3% delle emissioni globali di gas serra, ed è risaputo che le navi alimentate a combustibili fossili rilascino grandi quantità di CO₂, ossidi di zolfo e particolato. La propulsione nucleare, invece, offre un’alternativa a zero emissioni nell’atto della navigazione: il potenziale è la riduzione drastica dell’impatto ambientale del settore, sebbene siano da chiarire le implicazioni collegate alla produzione di scorie, alle normative e agli investimenti tecnologici per la sicurezza.
C’è però un altro livello di lettura da tenere in considerazione: l’energia è una forma di potere e gli equilibri legati al mondo del fossile si stanno rapidamente deteriorando; se il trasporto marittimo globale passasse in tronco alla propulsione nucleare, anche la geopolitica di rotte e rifornimenti cambierebbe faccia per sempre.
I big si interessano al nucleare in mare
Quando alcune nazioni escono allo scoperto con i loro movimenti è sempre un segnale da cogliere. Non è dunque passata inosservata la Cina nel suo annunciare lo sviluppo di una nave portacontainer da 14.000 TEU alimentata da un reattore nucleare a sali fusi (MSR) basato sul torio, segnando un passo decisivo verso l’adozione della propulsione nucleare nel trasporto marittimo commerciale.
Il progetto, frutto della collaborazione tra China State Shipbuilding Corporation (CSSC) e China National Nuclear Corporation (CNNC), punta a realizzare un’unità navale a zero emissioni, capace di operare senza combustibili fossili grazie a un sistema chiuso che genera centinaia di megawatt di energia termica.
Secondo i dati dello Shanghai Merchant Ship Design & Research Institute (SDARI), la fase di progettazione sarà completata entro il 2026, con cauterizzazione prevista verso la fine del decennio. L’iniziativa, per altro, non è che l’ultima di una serie: due anni fa, il cantiere Jiangnan Shipyard presentò alla fiera Marintec China il design di una nave da 24.000 TEU con tecnologia MSR, mentre, in tempi molto più recenti, il primo novembre 2025, l’Accademia Cinese delle Scienze ha annunciato la prima conversione riuscita dal torio all’uranio in un reattore a sali fusi da 2 MW, dimostrando la fattibilità tecnica dell’impiego del torio come combustibile nucleare.
Le tecnologie nucleari sotto test nella navigazione
Ci sono anche altre tecnologie in fase di test oltre ai reattori MSR e non è soltanto Pechino a sperimentarne le applicazioni.
In Corea del Sud, ad esempio, HD Korea Shipbuilding & Offshore Engineering ha progettato una nave da 15.000 TEU alimentata da un reattore modulare compatto (SMR), ricevendo l’approvazione preliminare dall’American Bureau of Shipping. Spostandosi in Europa, invece, si trova il progetto NuProShip I, coordinato dalla Norwegian University of Science and Technology (NTNU),che coinvolge partner come DNV, Vard Group e IDOM per valutare la fattibilità tecnica ed economica della propulsione nucleare a bordo di grandi navi mercantili.
Le tecnologie in esame includono anche reattori ad alta temperatura raffreddati a gas (HTGR), sebbene ancora in fase sperimentale.
Le due tecnologie dei reattori SMR ed MSR sono in vantaggio in virtù del maggior sviluppo accumulato: i primi offrono vantaggi in termini di modularità e compattezza, mentre i secondi, alimentati a torio, promettono di essere sicuri – in quanto intrinsecamente progettati per esserlo, con meccanismi di spegnimento automatico in caso di emergenza – e di limitare la proliferazione nucleare in virtù di una minore produzione di scorie, specialmente nel lungo periodo.
L’impiego del torio presenta poi dei vantaggi per via della sua maggior abbondanza e distribuzione geografica rispetto all’uranio.
Anche la varietà di approcci è sintomo della volontà di trovare soluzioni scalabili, sicure e compatibili con le normative internazionali.
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I risvolti economici sull’industria marittima
Dal punto di vista economico, la propulsione nucleare promette una riduzione significativa dei costi operativi nel lungo periodo. L’eliminazione del bunkeraggio e la maggiore autonomia operativa permettono rotte più dirette e una gestione logistica semplificata. Inoltre, la rimozione dei serbatoi di carburante libera spazio per il carico, aumentando la redditività per viaggio.
Tuttavia, i costi iniziali di costruzione e certificazione rimangono elevati, e la mancanza di infrastrutture adeguate per la manutenzione e lo smaltimento dei reattori rappresenterà per lungo tempo una barriera importante.
È però facile immaginare che l’adozione su larga scala di navi nucleari possa ridisegnare le dinamiche dell’industria marittima globale, con nuovi equilibri tra armatori, cantieri e porti: se passare alla propulsione nucleare comporta investimenti iniziali elevati, essa promette ritorni significativi nel lungo periodo, con le navi nucleari economicamente competitive sulle rotte più impegnative, ossia quelle intercontinentali.
Gli armatori che investono in queste tecnologie potrebbero ottenere vantaggi competitivi, attirando clienti sensibili alle emissioni e riducendo la dipendenza da hub energetici tradizionali – con un effetto tangibile anche sulle rotte. Tuttavia, permangono ostacoli normativi e assicurativi: l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) non ha ancora definito un quadro regolatorio per le navi mercantili nucleari e, allo stato attuale, molti porti potrebbero rifiutarne l’accesso per motivi di sicurezza.
Lo scenario geopolitico e la strategia cinese
Sul piano geopolitico un futuro navale a propulsione nucleare non è esente da conseguenze: la Cina è interessata allo sviluppo di tali soluzioni in quanto mira senza farne mistero a consolidare la propria leadership tecnologica ed energetica nel mondo, ma, soprattutto, punta all’indipendenza energetica. Proprio l’impiego del torio, risorsa più abbondante e distribuita rispetto all’uranio, consentirebbe di ridurre la dipendenza da fornitori esterni e rafforzerebbe l’autonomia strategica del Paese. Nell’attuale scenario di crescente competizione per la supremazia tecnologica e ambientale, Pechino scommette su questi progetti pionieristici per proporsi come attore centrale nella transizione verso un trasporto marittimo sostenibile.
La costruzione di navi nucleari si inserisce in una strategia più ampia di innovazione industriale e di affermazione geopolitica. Mentre l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) non ha ancora definito un quadro regolatorio per le navi mercantili nucleari, la Cina sembra intenzionata a dettare gli standard futuri, anticipando le normative e investendo in tecnologie che potrebbero diventare dominanti nel prossimo decennio.
Ragionamento analogo, anche se portato avanti con minor enfasi, si potrebbe riconoscere dietro alle mosse di Corea del Sud ed Europa, le quali, dal canto loro, puntano su soluzioni modulari e compatibili con gli standard internazionali. Il punto di fondo è sempre che il torio, risorsa disponibile in molti paesi (India, Brasile, Turchia, Norvegia), potrebbe diventare un elemento strategico nelle future dinamiche energetiche globali, riducendo la concentrazione geopolitica legata all’uranio.



