Quality Manager cercansi: misurare la qualità del servizio cambia volto alla logistica

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Non è consuetudine delle aziende logistiche, specie di trasporti, dotarsi della figura di un Quality Manager; eppure disporre di una metrica per valutare la qualità offre più armi sulle quali puntare

La qualità del servizio nella logistica: i vantaggi di una metrica ed un manager dedicati sono tutti da scoprire, si potrebbe dire forzando un po’ la mano.

Non è che il settore non conosca la figura del ‘Direttore della Qualità’ o ‘Quality Manager’, ma, fatta eccezione per le multinazionali, la maggior parte delle piccole e medie aziende lo considera spesso un ruolo ‘integrato’ nel comparto commerciale. 

Una professionalità vissuta solo in parte, né carne né pesce, mentre essa dovrebbe avere un ruolo centrale ed un’autonomia ben delineata. Perché? Sarebbe fin troppo semplice rispondere facendo riferimento all’epoca in cui viviamo ed al mutamento dei rapporti tra cliente e fornitore di un servizio.

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Quality Manager: una figura con alto valore commerciale

Che la qualità abbia altissime ricadute sul valore commerciale dell’operato di un’azienda, sia essa fornitrice di beni materiali o servizi, non ci vuole un esperto per dirlo. 

Dietro questa intuitiva affermazione c’è però un piccolo mondo che si tende a sottovalutare, effetto collaterale del sopravvivere di un approccio ‘old school’ al lavoro.

Come afferma Carlos Zubialde sulle pagine di informacionlogistica, «tutto ciò che non si può misurare non esiste»: dunque, se la qualità di un servizio non viene rilevata oggettivamente, in un certo senso non esiste; o meglio, esiste, ma soggettivamente parlando.

Il che è, di fatto, una contraddizione in termini, in quanto un’azienda di trasporti come una qualsiasi altra impresa di servizi, stipulano con il cliente un contratto nel quale dei requisiti minimi di qualità del servizio stesso sono espressi.

È proprio in virtù della ‘miglior qualità’ del servizio erogato rispetto alla concorrenza che si può, ad esempio, stabilire un prezzo, dunque un valore, al proprio operato. 

Ma in che cosa consiste questa ‘Qualità’ con l’iniziale maiuscola, come la si certifica?

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No KPI, no ‘Qualità’…

Premesso che tantissime aziende lavorano ed hanno sempre lavorato offrendo ottimi servizi anche senza dotarsi di grandi strumenti di monitoraggio, è indubbio che nel mercato del lavoro odierno per massimizzare i profitti – e autodeterminate la propria sopravvivenza, in molti casi – occorra fare un salto di struttura.

In parole povere, la qualità di un servizio deve essere misurata per poterle attribuire un valore che agli occhi dell’acquirente risulti oggettivo, tangibile.

La qualità può derivare da tanti fattori – dalla puntualità, dal rispetto di quanto pattuito, ma anche dall’erogazione di servizi accessori di assistenza, da piccole attenzioni nei confronti del cliente, dalla flessibilità del servizio, dal suo livello di customizzazione – ma, come detto prima, se non li si misura, in definitiva non esistono.

Ecco dunque che servono delle metriche o KPI, dei Key Performance Indicator che mettano in evidenza i fattori critici di successo di un’organizzazione o di un processo.

Chi li elabora, li aggiorna e li analizza a vantaggio sia dell’azienda che dei clienti?

Il Quality Manager.

Un Quality Manager ‘con portafoglio’

Un po’ come i ministri in un governo, dove quelli senza portafoglio hanno minor peso decisionale, il Quality Manager non deve essere un altro professionista che nel 15% del suo tempo libero faccia anche il direttore della qualità.

Se non si vuole rimanere stritolati nella macina delle valutazioni soggettive sul proprio operato (eh, sì, perché se non posso dare prova tangibile del perché la mia qualità sia effettivamente alta e meriti di essere ripagata in un certo modo, si rimane nel campo dell’apprezzamento personale da parte del cliente), bisogna costruire dei KPI solidi e sulla base di quelli dare un’immagine granitica del servizio.

Per ottenere questo risultato, il Quality Manager serve eccome e non può essere un improvvisato, per quanto bravo. Soprattutto, deve avere modo di dedicare tempo a questa attività senza interferenze e deve sviluppare o possedere già una conoscenza del settore – in questa particolare accezione – specifica.

È un po’ come dotarsi di un controllore interno che certifichi ogni giorno il rispetto di uno standard, quasi ci si auto-imponesse un immaginaria certificazione UNI-ISO secondo quelle che sono le proprie pretese.

O le pretese dei clienti, che, come reazione più naturale, hanno quella di aspettarsi molto di fronte ad una valorizzazione alta del servizio.

Anche qui, torna in campo un concetto: è sempre più fondamentale saper monitorare in modo oggettivo il proprio operato.

Questo è utile per limare costi e sprechi, ma anche per prendere decisioni lucide di fronte alle situazioni e, non ultimo, saper dare il giusto valore al proprio servizio.

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