Ridimensionamento delle piccole imprese di autotrasporto: cause

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La crisi macroeconomica del 2008 unita ai processi di liberalizzazione all’interno dell’Unione Europea stanno producendo quello che non è avvenuto (o è avvenuto in misura marginale) in cinquant’anni: il ridimensionamento delle imprese artigianali nell’ambito dell’autotrasporto con conseguente aumento delle imprese strutturate o delle forme aggregative.

Forse non siamo ancora alla scomparsa del padroncino – che viene profetizzata da almeno tre decenni – ma sicuramente siamo di fronte a una notevole diminuzione della sua importanza all’interno della filiera logistica.

Partiamo da un dato: dal 2010 al 2016 sono sparite dai registri delle Camere di Commercio 19.543 imprese individuali di autotrasporto in conto terzi, passando da 73.395 a 53.852, e 2850 società di persone (da 18.177 a 15.327).

È un deficit solo parzialmente compensato dalle nuove imprese, che riguardano soprattutto realtà più grandi: secondo Infocamere, in questo periodo le società per azioni sono passate da 15.747 a 20.526 (+30%), mentre consorzi e cooperative sono aumentati del +13,6% (da 4897 a 5554).

Alla fine, il bilancio mostra un deficit complessivo di 17mila iscrizioni, pari al quindici percento del totale.

Gli autotrasportatori artigiani che restano stanno progressivamente perdendo il contatto diretto con la committenza per diventare sub-vettori di imprese più grandi, oppure servire corpi intermedi, come spedizionieri o società di logistica in conto terzi. Una situazione che fa perdere alcuni vantaggi del lavoro autonomo, come la possibilità di scegliere il lavoro o stabilire le condizioni economiche, senza però acquisire quelli del dipendente, ossia un reddito mensile garantito e la mancanza delle spese per il veicolo e la gestione amministrativa.

Quali sono le cause di questa trasformazione dell’autotrasporto italiano? La più evidente è la crisi del 2008, che ha causato un crollo del traffico merci.  A farne le spese sono state soprattutto le realtà più deboli, quelle che avevano già prima della crisi margini bassi, per le quali una riduzione di fatturato impedisce il pagamento delle spese vive, come il gasolio o gli pneumatici.

A questo fattore macro-economico se ne somma un altro, legato alle dinamiche comunitarie: l’invasione degli autotrasportatori dell’Est, che hanno conquistato il trasporto internazionale (completamente liberalizzato) ma stanno occupando anche quello nazionale tramite il cabotaggio stradale, ossia la possibilità (pur con alcuni limiti) di svolgere attività interne negli altri Paesi comunitari. Il problema è che la competizione è falsata dalle diverse condizioni fiscali e contributive, che abbattono il costo degli autisti dell’Est a livelli irraggiungibili dai Paesi dell’ovest (e non parliamo della sola Italia).

A cura di Claudio Corbetta.

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