Con un vantaggio temporale su Europa e America, la Cina è a pieno titolo nella sua Fase 2. Connotata come una ripresa delle attività senza se e senza ma, seppur con una disciplina militaresca che transige non poco nella sfera delle libertà personali, ha portato con sé un frutto evidente: l’arrivo di container di merci nei porti occidentali.
Un segnale non da poco per l’economia mondiale, di fatto basata sulle forniture provenienti dall’Asia; se si considera poi che la Cina non aveva arrestato la propria crescita nemmeno davanti ad eventi come Piazza Tienanmen, la SARS e la crisi finanziaria globale dell’ultimo decennio, è davvero un segnale incoraggiante.
Gli analisti statunitensi sono però cauti: ecco perché.
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Quanta strada ha recuperato l’export cinese?
Partendo da diversi report, uno del New York Times, si può dedurre un quadro della situazione che consta di una caduta dell’economia cinese pari ad un inaudito -6,8% nel primo quarto del 2020, con un blocco totale delle spedizioni via mare nel mese di febbraio.
A marzo, stando ai dati di FourKites, che si occupa si supply chain management negli USA, le spedizioni di container via nave avevano riguadagnato il 64% rispetto al disastroso febbraio 2020. Particolarmente incoraggiante è l’osservazione che gli ‘shipment’ dalla Cina verso i porti USA sarebbero risaliti al 94% del volume registrato nella terza settimana di gennaio, ossia subito prima del lock down.
Nuova produzione o smaltimento degli accumuli?
A questo punto viene il dubbio: si tratta di un dato che può fare da cartina di tornasole dei livelli produttivi oppure no?
Secondo molti, bisogna andarci piano, considerando una serie di fattori.
La prima è quella dell’inevitabile accantonamento delle merci: gli ordini vengono normalmente effettuati con un anticipo di mesi sul momento previsto per il consumo, quindi il lock down ha congelato nei porti e nei magazzini di stoccaggio cinesi le merci che avrebbero dovuto essere consegnate allora.
Lo sblocco ha di colpo rimesso in circolo quei volumi di merci che erano rimasti bloccati: si somma a questo anche la seconda considerazione, ossia che i tempi di viaggio delle navi mercantili fanno sì che quanto vediamo giungere adesso siano le prime partenze dopo la riapertura delle attività logistiche in Cina.
Sulla catena logistica, per altro, questo sta ponendo un altro cruccio, vale a dire quello relativo allo stoccaggio delle merci in arrivo, dal momento che in quelle realtà ancora ferme non è possibile accettare l’arrivo delle merci ordinate – si tratta, in questo momento, di un problema particolarmente sentito negli Stati Uniti e che in Italia dovrebbe andare alleviandosi con il progredire della Fase 2.