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Shipping, il paradosso del 2024 si consuma nel Mar Rosso, tra compagnie di navigazione e Houthi

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Il 2024 è stato un anno segnato da una lunga serie di crisi senza precedenti, ma per quanto riguarda lo Shipping e la navigazione internazionale, la situazione che ha dominato lo scenario mondiale è stata quella del Mar Rosso e del Canale di Suez, causata dagli attacchi dei ribelli Houthi innescati dall’infiammarsi del contesto israelo-palestinese. 

La crisi, osservata a molti mesi di distanza dal suo inizio, si può dire abbia generato un vero e proprio paradosso nel mondo della navigazione mercantile, dal quale sia le compagnie di navigazione che i miliziani finanziati da Teheran possono dire di uscire, in un certo senso, senza perdite.

Compagnie di navigazione: (in)sospettabili vantaggi

Le compagnie di navigazione, nonostante le ovvie difficoltà cui il riassetto delle rotte le ha costrette, hanno tuttavia tratto notevoli vantaggi economici dalla crisi. 

La necessità di deviare le rotte intorno al Capo di Buona Speranza ha comportato, sì, degli ostacoli di natura pratica e logistica da superare, ma ha naturalmente portato con sé un aumento – immediatamente prevedibile – dei costi di trasporto, che si è tradotto in tariffe di trasporto marittimo elevate e, ormai, stabilizzatesi come baseline delle contrattazioni di mercato. 

Secondo i dati di Transport Intelligence (Ti), le tariffe di trasporto marittimo sono rimaste decisamente elevate per tutto il 2024, con un incremento di 117,6 punti rispetto a gennaio. D’altronde, il dato si riflette nei risultati finanziari delle principali compagnie di navigazione, come Maersk e ONE, che hanno mostrato utili trimestrali migliori del previsto, grazie all’introduzione di sovrapprezzi per coprire i costi aggiuntivi.

Houthi: il controllo di Bab-el-Mandeb e il ruolo regionale

Nel corso dell’anno, i ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran in quello che si poneva già come uno scontro di scala regionale con Israele e i suoi alleati, hanno consolidato il loro controllo sullo stretto di Bab-el-Mandeb, trasformandolo, come fanno notare gli osservatori di TheLoadstar, in un vero e proprio feudo. 

La strategia applicata dalla milizia yemenita, fatta di attacchi mirati alle portacontainer occidentali, ha costretto molte compagnie di navigazione a deviare le rotte, aumentando i tempi di percorrenza ed innescando quella crescita dei costi che, un po’ come nel periodo Covid, ha giovato alle stesse compagnie di Shipping vittime delle aggressioni. 

Tuttavia, alcuni trasportatori hanno preferito pagare – in un primo momento, solo alcune, in seguito, anche altre – un “pedaggio” ai ribelli per assicurarsi il passaggio sicuro delle proprie navi. Sempre secondo Transport Intelligence, questa compravendita di ‘salvacondotti’ avrebbe fruttato agli Houthi all’incirca 2 miliardi di dollari finora, su per giù 180 milioni di dollari al mese.

Il controllo dello stretto di Bab-el-Mandeb ha dunque fornito agli Houthi una fonte di finanziamento significativa che ha contribuito a sostenere le loro operazioni militari e a rafforzare la loro influenza nella regione. 

La capacità di imporre pagamenti ai trasportatori ha permesso loro di accumulare risorse finanziarie considerevoli, consolidando ulteriormente un potere che, considerata la posizione sul filo di Teheran, loro prima finanziatrice, ma a rischio di un rovescio qualora dovesse esporsi ad un contrasto ‘a caldo’ con Israele e gli Stati Uniti, sta permettendo agli Yemeniti di garantirsi la sopravvivenza in modo autonomo.

Le conseguenze per il mercato delle compagnie di navigazione

La crisi del Mar Rosso ha avuto anche altre conseguenze significative sul mercato della navigazione mercantile, in particolare dedita al trasporto container.

La disponibilità di capacità da parte delle compagnie di navigazione è la principale interessata, in quanto, per sopperire agli accresciuti tempi di navigazione sulle nuove rotte Asia-Europa, che mantengono impegnati più a lungo i container imbarcati, si è evidenziata la necessità di immettere più capacità sul mercato per soddisfare la domanda.

Paradossalmente, questo ha portato a una carenza di tonnellaggio nel settore, malgrado il 2024 sia un anno record non solo per il minimo storico di vacanza della flotta mondiale, ma anche per la capacità relativa a nuove navi consegnate. Non a caso, la crescita della capacità di trasporto marittimo globale è aumentata del 4,9% nel terzo trimestre, con la flotta che ha mostrato un minimo livello di inattività, secondo Transport Intelligence. 

Se non altro, a questa situazione di parità fra domanda e offerta ha portato ad una sorta di equilibrio nel mercato, mantenendo le tariffe relativamente stabili nei trimestri successivi allo scoppio della crisi.

Chi esce sconfitto dalla crisi del Mar Rosso?

Naturalmente, osservare che nessuno esca ‘sconfitto’ da una situazione che circa un anno tiene in ostaggio un intero braccio di mare, provocando danni ai vascelli mercantili a suon di missili balistici e sequestri di equipaggi è paradossale.

È però vero che, allargando cinicamente lo sguardo a quelli che sono i risultati finanziari complessivi delle compagnie di navigazione, per quanto siano effettivamente costrette a valutare di trimestre in trimestre le loro strategie e la dislocazione degli asset, i risultati possono definirsi solidi. Il 2024, per lo shipping, non è dunque un anno ‘da dimenticare’ del tutto: chi può definirsi realmente danneggiato da questa situazione sono più che altro coloro che si trovano a valle della catena di fornitura, sui quali i sovrapprezzi a compensazione dei disagi nella navigazione si scaricano.

C’è però una reale ‘vittima’, spesso tralasciata anche nella lettura degli scenari geopolitici: si tratta dell’Egitto, che dalla gestione del Canale di Suez ha sempre tratto un enorme fonte di proventi.

Nel corso del 2024 i passaggi attraverso l’infrastruttura che, fino al 2023, rappresentava ‘la’ rotta di collegamento tra Mar Rosso (dunque, l’Asia) e il Mediterraneo, sono calati anche del 60%, con una perdita degli introiti provenienti dal Canale di Suez stimata dal Cairo in 6 miliardi di dollari all’anno.

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