Supply Chain e deforestazione: l’UE rinvia la legge al 2026

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Il Parlamento europeo ha votato per il rinvio dell’entrata in vigore della legge sulle catene di approvvigionamento definite “deforestation-free, spostando gli obblighi per le grandi imprese alla fine del 2026 e per i piccoli operatori alla metà del 2027. 

Una scelta che, se da un lato concede più tempo per adeguarsi, dall’altro apre un fronte di incertezza per manager e responsabili della supply chain, in diversi casi già impegnati in investimenti in tracciabilità e sistemi di monitoraggio sui subfornitori. Si tratta, d’altra parte, di modifiche ai processi che richiedono pianificazioni e implementazioni spalmate su anni, dunque non improvvisabili.

Le reazioni degli stakeholder – istituzioni, ONG, produttori africani e associazioni industriali – delineano un quadro complesso che i leader della logistica e degli acquisti devono interpretare con attenzione.

Decisione UE e quadro normativo  

Il voto parlamentare si è svolto il 27 novembre 2025 e, con 402 voti favorevoli e 250 contrari, il Parlamento ha approvato il rinvio.  

Entro aprile 2026 è prevista una e evisione formale, con l’obiettivo di semplificare gli obblighi di due diligence.  

La decisione di rinviare l’entrata in vigore della legge è stata controversa. L’EU Deforestation Regulation ha come obiettivo garantire che i prodotti immessi sul mercato interno UE non contribuiscano alla deforestazione, tracciando ogni bene fino alla parcella di origine e dimostrando l’assenza di perdita forestale dal 2020.  

La Commissione europea, inizialmente contraria al rinvio, ha avvertito il Parlamento che ulteriori slittamenti rischiano di minare la credibilità dell’UE nella protezione delle foreste.  

Le ricadute sui produttori africani  

Le ricadute sulle filiere produttive sono molteplici e riguardano in larga misura i produttori africani di tutti quei beni agricoli che l’UE deve importare.

Uno di questi è il cacao, che solo in Costa d’Avorio conta oltre 2 milioni di piccoli coltivatori che dipendono dall’export verso l’UE. Nella pratica, il rinvio rallenta i processi di certificazione e questo può a sua volta incidere sui cicli di pagamento e sui volumi di esportazione.  

Lamentele sono arrivate anche dai produttori di olio di palma, concentrati nell’Africa occidentale e messi già sotto pressione dalla concorrenza asiatica, che con il procrastinamento della legge devono ricalibrare le catene di fornitura durante il periodo di transizione.

Anche gli esportatori di legname dell’Africa centrale si trovano ad affrontare una governance forestale debole e, con il rinvio degli investimenti sulle pratiche di gestione sostenibile, vedono piovere sul bagnato.  

Molti operatori hanno peraltro già investito in sistemi digitali di tracciabilità e monitoraggio satellitare, ma i piccoli agricoltori e le cooperative faticano a sostenere i costi tecnici e finanziari, dunque l’incertezza nei tempi di applicazione provoca ulteriori slittamenti.  

ONG, società civile e industria: chi è pro e chi contro

Le organizzazioni ambientaliste e una coalizione di oltre 30 aziende e ONG hanno chiesto di non rinviare ulteriormente l’EUDR (EU Deforestation Regulation): il loro parere, in parte condiviso dalla stessa Commissione, è che ogni ritardo indebolisca la pressione sui governi e sulle imprese per adottare pratiche sostenibili e rischia di ridurre la credibilità dell’UE come leader globale nella lotta alla deforestazione.  

Sono state invece le associazioni di categoria ad aver spinto per il rinvio, citando i costi elevati e le difficoltà tecniche riscontrati nell’adozione dei sistemi necessari a rendere più tacciabile la filiera. Va detto che anche nel mondo industriale la platea non è univocamente schierata, in quanto molte imprese europee hanno comunque già investito in sistemi di compliance e temono adesso di essere penalizzate rispetto a chi ha atteso. La dilazione, se da un lato riduce la pressione immediata, dall’altro genera un terreno competitivo disomogeneo.  

Il punto di vista dei manager della Supply Chain  

Per i responsabili della catena di fornitura, il rinvio porta con sé un maggiore tempo di adeguamento, utile per consolidare dei sistemi volti alla tracciabilità delle filiere e delle partnership con i fornitori.  

Il contraltare è dato dall’incertezza normativa, che complica la pianificazione degli investimenti da fare e provoca una pressione competitiva potenzialmente a vantaggio di chi ha atteso a fare degli investimenti e a svantaggi degli early adopters.

Infine, esiste un rischio reputazionale per l’UE, se venisse percepita come meno credibile sugli obiettivi ambientali.  

Il rinvio della legge UE sulla supply chain deforestation-free rappresenta per i manager un apparente vantaggio, che più probabilmente si tradurrà in un problema da gestire tra qualche tempo. Al settore della catena di fornitura occorre bilanciare compliance e competitività, mantenendo al contempo credibilità ambientale e rapporti con fornitori globali. 

Le prossime revisioni parlamentari e i negoziati con il Consiglio definiranno il quadro finale, ma già oggi è chiaro che l’incertezza normativa europea si riflette direttamente sulle catene di approvvigionamento mondiali, con conseguenze tangibili per economia e ambiente.  

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