Il noto Green Deal, che mira alla neutralità climatica entro il 2050, fissa per l’Unione Europea degli obiettivi climatici ambiziosi con prima scadenza il 2030: si parla di ridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990, di aumentare l’efficienza energetica dell’11,7% e di portare la quota di energie rinnovabili al 42,5%, con l’aspirazione di raggiungere il 45%.
Questi target devono essere raggiunti dai diversi settori industriali e produttivi della UE ed una parte compete anche al comparto agroalimentare, la cui filiera e la cui logistica sono responsabili di una quota consistente (circa un terzo) delle emissioni legate al settore food.
Nel contesto agroalimentare, è la strategia “Farm to Fork” (F2F) a rappresentare il pilastro normativo più rilevante per la sostenibilità: presentata nel 2020, essa promuove un sistema alimentare equo, sano e sostenibile, intervenendo su tutte le fasi della filiera, dalla produzione alla trasformazione, dalla distribuzione al consumo.
Per soddisfare i criteri di sostenibilità richiesti dalla UE, emerge come fondamentale il contributo della Supply Chain che serve il comparto agroalimentare, all’interno della quale una collaborazione sistemica a livello europeo appare inevitabile.
Il quadro normativo europeo
Oltre al Green Deal e alla F2F, il settore alimentare è interessato da altre normative chiave, tra le quali spiccano la nuova Politica Agricola Comune (PAC) 2023–2027, che integra obiettivi ambientali e climatici nella gestione dei fondi agricoli, la Strategia UE per il suolo 2030, che punta alla neutralità del degrado del suolo e alla protezione della fertilità e il Regolamento LULUCF (Land Use, Land-Use Change and Forestry), che impone il monitoraggio delle emissioni e dei sequestri di carbonio nel settore agricolo.
Queste normative impongono una trasformazione profonda del comparto agroalimentare, che non può prescindere da una revisione della supply chain.
Supply Chain, cuore della transizione
La filiera agroalimentare è responsabile di una quota significativa delle emissioni globali: secondo uno studio pubblicato su Science nel 2020 (“Global food system emissions could preclude achieving the 1.5° and 2°C climate change targets”), anche se tutti gli altri settori azzerassero le proprie emissioni, senza un cambiamento radicale nel sistema alimentare non sarebbe possibile contenere il riscaldamento globale sotto i 2 °C.
C’è da dire che la supply chain agroalimentare è frammentata e decisamente complessa: include agricoltori, trasformatori, distributori, retailer e consumatori. Ogni anello contribuisce all’impronta ambientale, ma, invertendo l’ottica, anche alla possibilità di ridurla.
Ciò che è certo è che la sostenibilità non può essere raggiunta da singoli attori: servono una visione condivisa e una governance multilivello.
Sinergia intra-UE: una necessità strategica
Per centrare gli obiettivi 2030, è indispensabile una collaborazione strutturata tra gli Stati membri, per armonizzare le politiche agricole e ambientali, tra i settori produttivi, per integrare innovazione, digitalizzazione e pratiche rigenerative, e, infine, gli attori della filiera, per condividere dati, standard e investimenti.
La Commissione Europea, attraverso la Visione Strategica per l’Agricoltura e l’Alimentazione, ha già indicato la necessità di rafforzare il dialogo tra istituzioni, imprese e società civile.
Tuttavia, secondo lo studio “Recipe for Transformation” di BCG–Quantis, solo il 30% dei manager agroalimentari crede di poter raggiungere gli obiettivi 2030. Le barriere principali sono la frammentazione della supply chain e la mancanza di coordinamento.
Dati e impatti: il peso del settore
Il sistema agroalimentare europeo genera un valore aggiunto di circa 900 miliardi di euro e impiega ben 30 milioni di persone, tuttavia è anche responsabile di circa il 30% delle emissioni globali legate all’alimentazione. La sostenibilità del settore non è quindi trattabile solo come una questione ambientale, ma anche economica e sociale.
Alcuni esempi virtuosi, come la Sustainable Wheat Initiative Europe, dimostrano che una riduzione del 30% delle emissioni nella filiera del grano è possibile entro il 2030, grazie all’agricoltura rigenerativa e alla collaborazione tra panificatori, mugnai e agricoltori, ma, in generale, il comparto agroalimentare europeo è chiamato a una trasformazione epocale.
Gli obiettivi climatici 2030 non sono negoziabili, e la supply chain è il fulcro su cui costruire il cambiamento. Serve una governance multilivello, una visione condivisa e un impegno concreto da parte di tutti gli attori, dove la sostenibilità non è più un’opzione, ma è la condizione per garantire la sicurezza alimentare, la competitività e la resilienza del settore nel lungo periodo.
In questo quadro la Logistica giocherà un ruolo sempre più centrale.