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Una nuova logistica per un mondo che invecchia

Image by Freepik
Fabrizio Dallari, Direttore del C-log, Università C. Cattaneo LIUC

Il progressivo invecchiamento della popolazione è ormai noto a tutti, esperti e non. Basti guardare all’indicatore che misura l’età mediana della popolazione in Europa: era 38 anni nel 2001, 41 anni nel 2010 ed è arrivata a 44 anni nel 2020. Ciò che colpisce maggiormente è una ridistribuzione demografica della popolazione mondiale senza precedenti, in cui entro il 2050 la proporzione di anziani (over 65 anni) tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale. 

In particolare, nei Paesi industrializzati il segmento di popolazione che aumenterà maggiormente sarà quello degli ultraottantenni, il cui numero assoluto, entro il 2050, risulterà praticamente quadruplicato. Poiché 1 cliente su 4 sarà una persona anziana, la logistica e la supply chain dovranno necessariamente adeguarsi sotto diversi punti di vista. 

Pensiamo alle consegne a domicilio: oltre agli articoli acquistati on line, occorrerà rifornire le persone anziane con farmaci e presidi sanitari che attualmente viaggiano su diversi canali di consegna, per mantenere la tracciabilità e la catena del freddo secondo le normative vigenti. Inoltre, sarà richiesta una consegna oltre la porta di casa, magari direttamente nel frigorifero o nella dispensa, da parte di personale addestrato e soprattutto di cui potersi fidare.

Un rivoluzione in magazzino

Ma la vera rivoluzione sarà all’interno delle mura dei magazzini. 

Già oggi, infatti, stiamo assistendo ai problemi derivanti dall’assenza di lavoratori nel comparto della logistica e alle manifestazioni per l’adeguamento dei salari ai minimi contrattuali. E non vi è dubbio che questo problema si aggraverà nei prossimi anni, man mano che i lavoratori più anziani abbandoneranno i lavori più usuranti quali l’allestimento degli ordini e che ci saranno sempre meno giovani in grado di sostituirli.  

Pertanto, “there is no alternative”: occorre automatizzare, per lo meno le attività manuali più usuranti e ripetitive in tutte le fasi del ciclo di magazzino: dal ricevimento merci allo stoccaggio dei pallet; dal prelievo di colli e pezzi allo smistamento verso le porte di uscita. 

Meno facchini e più meccatronici

 Cambierà anche la popolazione all’interno dei magazzini: meno facchini e più periti meccatronici, capaci di manutenere l’automazione, e più esperti di automazione e intelligenza artificiale, capaci di intervenire sul software per ottimizzare l’hardware. Ma questo non accadrà da un giorno all’altro anche perché, ad oggi, sono ancora incerte le condizioni per il rientro dell’investimento che va pensato con un orizzonte di almeno 15-20 anni e non è facile pensare oggi quella che sarà la tecnologia vincente dopo domani. 

Anche le catene di approvvigionamento globali, inoltre, dovranno essere riconfigurate, in quanto i processi di invecchiamento che procedono a ritmi diversi nelle diverse aree del mondo creeranno delle variazioni nella disponibilità di manodopera e nella domanda di prodotti e servizi. 

Supply chain continuity

La delocalizzazione produttiva potrebbe essere una conseguenza non di una scelta di costo bensì della mancanza di manodopera a livello continentale. 

È quindi il momento di iniziare a pianificare l’assetto della logistica che verrà, indossando gli occhiali da “vista” da lontano, sapendo che è in gioco la supply chain continuity sul lungo periodo, non la performance trimestrale.

Editoriale a firma di Fabrizio Dallari, pubblicato sul numero di gennaio 2024 di Logistica

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