L’eCommerce cambia l’immobiliare logistico

Il vento del cambiamento prodotto dalla crescita del commercio elettronico non risparmia nessun aspetto della logistica, neppure quello apparentemente molto solido degli edifici in cemento armato

Sta emergendo la necessità di progettare immobili dedicati all’e-commerce e ciò non riguarda solamente le dimensioni, il numero di portali e l’equipaggiamento interno, ma anche la localizzazione.

Cominciando proprio da quest’ultimo elemento, emerge la tendenza al riavvicinamento alle città, se non proprio a un inserimento nel tessuto urbano, dopo che negli scorsi decenni gli impianti si sono progressivamente allontanati, sia per trovare i grandi spazi necessari a una logistica dedicata allo stoccaggio di grandi volumi, sia per evitare l’intasamento del traffico urbano.

L’articolo «L’e-commerce cambia l’immobiliare logistico» è apparso per la prima volta
sul numero 2/2020 di Logistica .
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Ma la costante contrazione del tempo tra l’ordine e la consegna richiede che il centro distributivo dell’ultimo miglio sia sempre più vicino ai punti di consegna. Ciò non significa ovviamente che le grandi piattaforme spariranno, ma che s’integreranno in una rete formata da impianti di diversa dimensione e localizzazione, fino ad arrivare a micro-magazzini nel cuore delle metropoli. Ma per la logistica rientrare in città non è facile, perché la maggior parte degli spazi precedentemente usati per lo stoccaggio sono stati distrutti per costruire edifici destinati ad abitazioni o uffici, o comunque riconvertiti a tali utilizzi. Inoltre, il valore del metro quadrato nelle grandi città aumenta costantemente, rendendo molto costosa la realizzazione di questi micro-magazzini. Una possibilità potrebbe essere la riconversione dei negozi, che proprio il commercio elettronico sta mettendo in crisi. 

Parlando di Ce.Di.

Per quanto riguarda le piattaforme che svolgono la distribuzione regionale, che ovviamente restano fuori dalle città, oggi gli operatori che lavorano con l’e-commerce chiedono strutture di due taglie: da 1.000 a 10mila metri quadrati per le piattaforme più vicine all’ultimo miglio e da 50mila a 200mila metri quadrati per gli hub che servono ampie regioni.

La vicinanza alle aree abitate degli impianti per l’ultimo miglio richiede anche una notevole riduzione del loro impatto ambientale, da diversi punti di vista: maggiore efficienza energetica, eliminazione dell’inquinamento delle acque, riduzione del rumore, delle emissioni atmosferiche e dell’impatto visivo. Ciò vale anche per i veicoli che alimentano gli impianti o che da questi partono per la consegna finale, mettendo in primo piano quelli a trazione elettrica. 

Apprezzatissimi robot

Il commercio elettronico sta cambiando anche l’interno degli impianti, dove aumenta il tasso di automazione. Robot di diverso tipo stanno popolando le piattaforme e aumentano gli spazi loro dedicati, che magari non vengono mai calpestati dagli operatori umani.

In quest’ultimo caso cambia il criterio dello sfruttamento dell’altezza interna: invece di alte scaffalature si possono costruire più livelli di mezzanini in cui si muovono solo le macchine che in modo completamente autonomo possono prelevare i singoli colli per recapitarli all’operatore umano, che provvede alla composizione delle spedizioni al livello del terreno.

Questi sono gli elementi che appaiono oggi, ma che l’evoluzione tecnologica potrebbe ulteriormente cambiare. Possiamo immaginare che un eventuale sviluppo dell’automazione dei veicoli possa cambiare la ribalta o che un effettivo uso dei droni possa creare aree loro dedicate per il decollo e l’atterraggio, fino ad arrivare a impianti dove l’uomo potrà essere solo un supervisore di attività interamente svolte da macchine.

Gli enormi investimenti nella ricerca in tale campo mostrano che questa visione potrebbe concretarsi in tempi più brevi di quanto riteniamo.

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