La catena di fornitura dei semiconduttori è diventata la vena pulsante che alimenta le tensioni geopolitiche contemporanee, con le esportazioni dei materiali critici elette a terreno di scontro tra superpotenze economiche.
Gli attriti tra Washington e Pechino sul tema delle terre rare e il caso Nexperia, che ha portato Bruxelles e la Cina vicine allo scontro diplomatico, hanno reso evidente quella che è una condizione di necessità: le filiere industriali d’Occidente, dall’automotive all’hi-tech, dipendono in modo critico dai chip per l’integrazione dell’intelligenza artificiale, per la connettività e per tutti quei sistemi avanzati che ormai sono presenza fissa e scontata nei propri prodotti.
La dipendenza dalla Cina, che domina la produzione di materiali e componenti chiave, ha quindi spinto Stati Uniti ed Europa a ripensare radicalmente sia le strategie di approvvigionamento che di produzione.
La condizione di necessità delle filiere occidentali
Le industrie europee e americane si trovano di fronte a un paradosso: pur essendo leader nella progettazione e nell’innovazione, non dispongono di una capacità produttiva sufficiente a garantire loro autonomia.
L’automotive, sempre più orientato verso veicoli elettrici e connessi, necessita di chip per batterie, sistemi di guida assistita e infotainment. L’hi-tech, dai PC agli smartphone, richiede semiconduttori avanzati per sostenere l’espansione dell’intelligenza artificiale e del cloud.
Senza una supply chain resiliente, il rischio è quello di blocchi produttivi e ritardi, come già accaduto durante la pandemia, quando la carenza di chip paralizzò interi settori.
Le mosse degli Stati Uniti
Washington ha intensificato la ricerca di partner alternativi alla Cina con una strategia che si muove su due direttrici: da un lato il sostegno a Paesi emergenti che vogliono inserirsi nella catena globale, dall’altro il rafforzamento delle alleanze con nazioni considerate affidabili.
Un esempio recente è dato dal sostegno fornito dalla U.S. International Development Finance Corp. alla società marocchina Sondiale SA, sulla quale gli Stati Uniti puntano per diversificare le forniture di materiali critici come il polisilicio, indispensabile per produrre semiconduttori e pannelli solari.
Allo stesso tempo, gli USA stanno incentivando la costruzione di impianti domestici con il CHIPS Act, ma la vera sfida è creare un network globale che riduca lo strapotere cinese, che oggi produce oltre il 90% del polisilicio mondiale e controlla gran parte delle terre rare disponibili sui mercati mondiali.
L’Europa tra dipendenza e tentativi di autonomia
Il caso Nexperia, con la pressione di Bruxelles sulla proprietà cinese della società olandese, ha invece evidenziato brutalmente la vulnerabilità europea nei confronti di Pechino.
L’UE sta per questo cercando di bilanciare la necessità di attrarre investimenti con la volontà di proteggere asset strategici e, in tal senso, l’“European Chips Act” punta a raddoppiare la quota di produzione globale di semiconduttori in Europa entro il 2030, ma la strada è lunga e costellata di ostacoli.
La dipendenza dalle forniture asiatiche rimane al momento elevata e le industrie europee, soprattutto automotive e hi-tech, devono fare fronte al rischio di interruzioni in un contesto di vivida tensione geopolitica.
Leggi anche:
Produrre microchips in Europa, un’opportunità anche per la logistica
Guerra dei chip: modificherà le catene di approvvigionamento
L’India e la strategia di Tata Electronics
Se gli Stati Uniti cercano nuovi partner e l’Europa prova a rafforzare la propria autonomia, l’India è uno di quegli eterni ‘Paesi emergenti’ che ora si propone come nuovo attore centrale. C’è da dire che la decisione con la quale Nuova Delhi e le sue industrie si stanno affacciando sugli scenari globali è decisamente forte rispetto al passato.
Tata Electronics, fondata nel 2020, ha avviato investimenti miliardari per costruire la prima fonderia ‘pure-play’ del Paese. Le partnership con Intel mirano non solo a produrre e confezionare chip per il mercato locale, ma anche a sviluppare PC con soluzioni di intelligenza artificiale su misura per consumatori e imprese.
L’India Semiconductor Mission ha già approvato dieci progetti per un valore complessivo di oltre 18 miliardi di dollari, segno della volontà di ridurre la dipendenza dalle importazioni e di inserirsi nelle catene di fornitura globali che si stanno spostando lontano dalla Cina.
Un nuovo scacchiere per i chip
La supply chain dei chip è oggi il terreno di scontro e di ridefinizione degli equilibri globali. Stati Uniti ed Europa cercano di svincolarsi dal predominio cinese attraverso investimenti, alleanze e nuove normative. L’India, con Tata Electronics, si propone come nuovo polo produttivo, mentre Paesi come il Marocco si candidano a fornire materiali critici.
La condizione di necessità delle filiere occidentali è chiara: senza semiconduttori non c’è futuro per interi settori come automotive e hi-tech. La questione in gioco è come costruire un sistema resiliente, diversificato e meno vulnerabile alle pressioni geopolitiche, capace di sostenere l’innovazione e la competitività in un mondo sempre più digitale.



