Guerra dei chip: modificherà le catene di approvvigionamento

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La decisione americana di riportare dentro i confini nazionali la produzione strategica dei chip quali ricadute avrà sulle catene di approvvigionamento?

I semiconduttori, altrimenti detti “chip”, sono stati inventati oltre settanta anni fa da aziende americane situate nella Silicon Valley e, senza tema di smentite, hanno rivoluzionato le nostre vite.

Per avere una pur vaga idea di cosa abbia significato la loro introduzione, basti pensare alle dimensioni ed allo spazio occupato dai primi computer progettati alla fine degli anni Quaranta, a fronte delle attuali produzioni di personal computer che gareggiano per leggerezza e trasportabilità.

Senza considerare il costo, oggi diventato alla portata di vasti strati di popolazione, una necessità di energia elettrica senza paragoni odierni, ed una capacità di elaborazione a dir poco modesta.

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La progettazione, prima, e la realizzazione, poi, su larga scala di circuiti elettrici miniaturizzati alla cui base sono i chips al silicio, materiale indispensabile per le sue caratteristiche camaleontiche e, soprattutto, di grande abbondanza sulla terra, ha contribuito ad una vera e propria rivoluzione tecnologica modificando radicalmente le funzioni di una molteplicità di prodotti ormai d’uso quotidiano nei settori, ad esempio, dell’elettronica di consumo, degli elettrodomestici, dell’avionica, dell’automotive, della meccanica, dei controlli e della sicurezza. 

La loro produzione è stata appannaggio degli Stati Uniti sino agli anni Novanta; oggi, sotto la spinta della delocalizzazione, la quota interna si è ridotta al 12%.

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Voglia di reshoring

L’emergenza mondiale determinata dalla pandemia Covid-19 ha fatto emergere, con tutte le sue criticità, il rischio da parte dei produttori di perdere il controllo delle produzioni di semiconduttori.

Infatti, l’80% degli stabilimenti produttivi dedicati a tale scopo, erano allocati presso aziende a Taiwan, in Corea e in Cina.

Tutte aree tra le più coinvolte nel rischio di lockdown e fermi produttivi, come testimoniato dall’improvvisa carenza di prodotto sul mercato dei chip puntualmente verificatesi nel periodo pandemico con la conseguenza di determinare forti difficoltà alla disponibilità di componenti ritenuti vitali sul piano industriale, commerciale e militare.

Non si deve, infatti, dimenticare che la presenza di chip al silicio è indispensabile anche per i programmi militari e della sicurezza nazionale.

Da qui, la domanda sempre più pressante da parte delle aziende-madri di reshoring, cioè di riportare in patria, o in paesi limitrofi, le produzioni in questione con lo scopo di evitare nuove e improvvise interruzioni nelle catene di approvvigionamento.

 

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Chips and Science Act

L ’Amministrazione Biden ha recepito in un suo rapporto la vulnerabilità delle supply chain ed indicato i quattro principali settori industriali la cui produzione deve rientrare nei confini nazionali. Essi sono rappresentati dai prodotti farmaceutici, l’estrazione di terre rare, la produzione di batterie per veicoli elettrici e dai semiconduttori.

Ad agosto 2022, il presidente americano ha firmato il Chips and Science Act che destina 52,7 miliardi di dollari per incentivi alla produzione di chips negli USA e al suo incremento.

I fondi necessari alla costruzione di nuovi stabilimenti potranno essere reperiti dai produttori a partire dal 2023, per compensare gli investimenti necessari, anche attraverso agevolazioni fiscali.

I benefici della nuova legge si estenderanno anche alle aziende di progettazione di semiconduttori sparse nella Silicon Valley ed in tutto il paese, con benefiche ricadute sul mercato del lavoro locale.

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I nuovi modelli di approvvigionamento

L’impatto sulle supply chain, a parere di operatori e consulenti del settore, si tradurrà in un accorciamento delle catene globali con spostamento del luogo di assemblaggio del prodotto finito.

Il reshoring dall’Asia agli Stati Uniti è previsto graduale ma costante e richiederà un deciso cambio di mentalità anche da parte di acquisitori e fornitori.

Con molta flessibilità le aziende sono quindi chiamate a ripensare il modo con cui sino ad oggi sono state gestite le supply chain.

In particolare, catene più corte e più vicine ai nuovi centri produttivi, vogliono dire tempi di evasione degli ordini più veloci, così come la maggior sicurezza delle forniture potrà consentire maggiore reattività e risposte più pronte.

Ma le trasformazioni non si fermeranno qua, dovendo contemplare anche un cambiamento delle rotte e, quindi, una rinegoziazione dei contratti con i vettori, la selezione di nuovi servizi, così come l’eventuale ingresso di nuovi partner nella fornitura.

Fonte: scmr.com

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