Autisti cercasi: l’autotrasporto tra ricambio generazionale e guida autonoma

Si parla sempre più di guida autonoma per il futuro del trasporto delle merci, ma oggi i camion rischiano di stare fermi per la mancanza di autisti. Anzi, ciò sta in parte già avvenendo e il problema diventerà sempre più grave nei prossimi anni

Una recente ricerca di TransportIntelligence afferma che già ora le aziende di autotrasporto di tutta Europa cercano 150mila autisti di veicoli industriali di cui 127.500 concentrati in soli sei Paesi.

Quello con la situazione peggiore è la Germania, che è anche il più attivo nella logistica grazie alla produzione industriale e alla posizione centrale nel continente. La stima dei vuoti in cabina aggiornata a maggio dall’associazione delle imprese di trasporto Bundesverband Güterkraftverkehr mostra la cifra di 60mila unità, ma lo sguardo in prospettiva è ancora più inquietante, perché oltre 560mila autisti al volante di camion con targa tedesca hanno più di cinquant’anni e ciò significa che da ora in poi ne andranno in pensione trentamila l’anno, con la prospettiva di rimpiazzarne solamente la metà.

Per gli altri, le aziende devono arrangiarsi, cercando prima di tutto di non farsi portare via dalla concorrenza quelli ancora impiegati. Lo fanno aggiungendo benefit allo stipendio, come per esempio assicurazioni sanitarie, alloggio ai fuorisede e perfino un’auto aziendale. 

L’articolo «Autista cercasi….» è apparso per la prima volta
sul numero 6/2019 di Logistica .
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500 euro a chi fa la “spia”

Ma sono già pronte le contromisure delle imprese che invece vogliono “rubare” i conducenti ai concorrenti e l’ultimo espediente è pagare un bonus ai propri autisti che segnalano il nominativo di un collega impiegato in un’altra impresa e pronto a cambiare posto di lavoro.

Si parla anche di cifre: da 500 a mille euro per ogni segnalazione cui è seguita un’assunzione.

Un fenomeno che qualcuno giudica immorale e nocivo per le relazioni tra impresa e lavoratore ma che comunque è il sintomo di una profonda crisi e che indica che ormai non funziona più neppure il reclutamento in Paesi stranieri dove le paghe sono più basse, soluzione che ha tenuto in piedi l’autotrasporto dell’Europa occidentale negli ultimi anni.

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Il fatto è che anche l’Est – tradizionale fonte di conducenti di camion – sta subendo la carenza di manodopera, al punto che gli autotrasportatori locali si rivolgono ancora più a oriente, dall’Ucraina all’Asia centrale, mentre si stanno scoprendo casi di autisti provenienti dalle Filippine.

In Europa troviamo anche situazioni paradossali, come quella della Gran Bretagna: in un Paese dove tra i motivi principali che hanno spinto i cittadini a votare per l’Uscita dall’Unione Europea c’è la paura che gli immigrati occupino i posti di lavoro dei nativi, si cercano 52mila autisti. Non si salva neppure la Scandinavia, considerata terra di efficienza e buone paghe: la Svezia cerca 5000 autisti, la Norvegia 3000 e la Danimarca 2500. 

Il tema delle patenti 

E l’Italia, uno dei Paesi dell’Unione più flagellati dalla disoccupazione giovanile?

Anche nelle Penisola si cercano gli autisti e ne mancherebbero da 15mila a 20mila, secondo le fonti. Una cifra che anche da noi aumenterà, perché l’età media di quelli attivi è alta, da 45 a 48 anni.

Le cause della disaffezione dei giovani verso la cabina del camion sono diverse. Innanzitutto, c’è una difficoltà di accesso: quando era obbligatorio il servizio militare, le Forze Armate erano i principali erogatori di patenti superiori che quindi non richiedevano esborsi. Oggi, invece, queste patenti si pagano a caro prezzo e bisogna aggiungere anche la Cqc ed eventualmente le certificazioni per le merci pericolose, con un conto dell’ordine delle migliaia di euro.

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Per questo motivo negli ultimi due anni sono stati erogati contributi pubblici per rimborsare parte di tali spese e quest’anno inizia uno specifico programma formativo dell’Albo degli autotrasportatori.

Ma anche con le autorizzazioni in regola questo mestiere non attira, perché resta impegnativo in termini di tempo e rischioso, a fronte di retribuzioni ritenute inadeguate. Ma sciogliere questo nodo economico e operativo è ben più difficile che contribuire al costo della scuola guida.

Leggi un estratto di Logistica 6/2019

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