Intorno alla Brexit ed ai suoi reali effetti sulla vita quotidiana delle imprese vi sono ancora molti punti oscuri. L’ultimo lo ha fatto notare la Road Haulage Association, l’unica società privata britannica dedicata agli interessi del settore del trasporto di merci su strada: i criteri per l’ammissibilità degli immigrati nello UK potrebbero escludere l’intera categoria dei camionisti.
Le skills per entrare nello UK dal 2021
Le lineeguida dettate dall’Home Office a proposito della circolazione delle merci e della movimentazione di persone nel Regno Unito a partire dall’1 Gennaio 2021 parla chiaro: la libertà di transito sarà subordinata all’avere un cosiddetto “skilled work”.
In parole povere, saranno accettati all’interno del sistema lavorativo britannico solo coloro che dimostreranno di essere in possesso di determinate “skills”, ossia competenze. Tra queste, il fatto di avere già un’offerta di lavoro in mano, la conoscenza della lingua inglese ed una base salariale di 25.600 euro. Tra queste competenze non rientrerebbe il saper condurre un mezzo pesante.
Il problema dell’autotrasporto inglese
Secondo la Road Haulage Association, le aziende britanniche non hanno convenienza nel formare nuovi conducenti, intorno all’1% e 2% in quanto a margine di profitto, ma contemporaneamente devono fronteggiare un deficit di guidatori pari al 60% della richiesta.
Per la RHA il non aver fondi per patentate nuovi conducenti ed il non poter ricorrere a guidatori già formati, fermo restando che nello UK non vi è abbastanza personale a sufficienza, rappresenta un vicolo cieco.
La dipendenza dai camionisti europei
Il 95% delle merci che transitano sul territorio britannico viaggiano su gomma e gran parte dell’economia delle catene di distribuzione inglesi si basa sull’efficienza dei trasporti.
Attualmente, questo sistema è fortemente dipendente dalla forza lavoro proveniente dall’area UE e, di conseguenza, fermare l’ingresso di lavoratori stranieri avrebbe un impatto molto forte sulla supply chain britannica.