Cargo aereo, la lotta per la sopravvivenza delle compagnie russe

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Un segnale di come le sanzioni, di ambo le parti, si ritorcano contro le società russe è dato dalla storia del Volga-Dnepr Group e degli aerei presi in leasing

Come è noto, le compagnie aeree non posseggono interamente gli aeromobili dei quali si servono: troppo costoso l’ammortamento di un bene che si svaluta rapidamente come può esserlo un aeroplano, dunque la formula prediletta è quella del leasing.

L’aggressione russa all’Ucraina, come altrettanto noto, ha portato alla repentina instaurazione di una serie di sanzioni, prime fra tutte il blocco delle esportazioni (e importazioni) di talune merci e la revoca dei permessi di volo alle compagnie con bandiera moscovita dai cieli di mezzo mondo.

Lo stesso hanno fatto le autorità russe, determinando un congelamento dello stato di fatto: gli aerei occidentali che erano in Russia là sono rimasti, quelli russi presenti negli aeroporti occidentali altrettanto sono stati bloccati.

Dopo sei mesi, ecco una delle conseguenze tangibili delle sanzioni, a spese delle compagnie aeree russe.

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Cargo aerei russi: come sopravvivere

I problemi, non secondari, che le compagnie di volo cargo – ma non solo – russe  si trovano ad affrontare sono almeno due. Il primo riguarda i contratti di utilizzo degli aeromobili, per lo più, come normale, presi in leasing dai costruttori o da grandi società di noleggio.

Il secondo ha a che vedere con la manutenzione dei velivoli, dunque con il loro mantenimento in servizio: il reperimento di pezzi di ricambio originali, quando questi sono di produzione occidentale, è reso impossibile dalle sanzioni, ma anche quando si tratta di parti di costruzione russa, l’industria aeronautica ha difficoltà a produrle per via delle sanzioni tecnologiche che la colpiscono.

In tutto ciò, le compagnie come il Volga-Dnepr Group fanno i salti mortali per cercare di sopravvivere e di non perdere i clienti, spesso europei, in vista di un possibile dopoguerra.

 

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La paralisi dei leasing

Significativo è che le compagnie cargo russe stiano, almeno a parole, facendo di tutto per farsi passare per vittime della politica dei loro stessi governanti. Nel caso di Volga-Dnepr, che ha sede a Mosca, era di proprietà di Alexey Isaikin, uno dei tanti oligarchi messi al bando dal Regno Unito, e che operava tra Russia, UE e UK attraverso altre due compagnie controllate, si tratta di una emblematica lotta per la sopravvivenza che ben esemplifica gli effetti delle sanzioni, ma anche le loro possibili falle.

I due effetti devastanti provocati sulla compagnia dai provvedimenti contro l’aggressione russa sono stati il precipitoso ritiro dai mercati esteri delle sussidiarie, chiuse malgrado le sedi fossero fuori dal confine delle Federazione, perché nessun registro o autorità per l’aviazione civile può certificare la sicurezza dei loro aeromobili, e l’impossibilità a restituire i veicoli presi in leasing.

Proprio quest’ultimo punto è cruciale.

 

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Restituire gli aerei, almeno provarci

Lo stop ai voli ‘stranieri’ in Russia ha determinato una paralisi di decine e decine di aeromobili negli scali della Federazione. Al divieto di rimpatrio si è aggiunta la decisione, scorretta sul piano del diritto internazionale, da parte delle autorità russe di trasferire nel registro nazionale dei velivoli gli apparecchi sequestrati.

Qualcosa di simile lo si è visto fare anche con i mercantili bloccati in zona di guerra, spesso confiscati coltamente dalle autorità filorusse: meno noto è che ciò sia avvenuto anche con ‘centinaia’ di aerei passeggeri e cargo di costruzione occidentale.

Apparentemente un colpaccio: in realtà si tratta di un’arma a doppio taglio molto affilata.

Volga-Dnepr, infatti, è citata da almeno due società di leasing in merito alla mancata restituzione di flotte di velivoli noleggiati da lei stessa o dalle sue ex-controllate: si tratta di  oltre 13 aerei, per lo più Boeing da carico anche di ultima generazione, la cui valutazione sul mercato equivale ad una manovra finanziaria.

Una delle società danneggiate, AirCap, che è la più grande operatrice di leasing al mondo, ha citato in giudizio la compagnia russa per 427 milioni di dollari, aggiungendo una richiesta di risarcimento danni da 3,5 miliardi a causa della svalutazione del parco velivoli. Già, perché stando fermi gli aerei perdono valore.

La risposta di Volga-Dnepr è che ‘ci starebbe provando’ a restutirli, solo che manca l’approvazione delle autorità doganali russe: in pratica, è vittima del suo stesso governo.

 

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Svalutazione e ricambi

Nella situazione di Volga-Dnepr ci sono molte altre compagnie aeree battenti bandiera della Federazione Russa, alle prese anche con due effetti collaterali non trascurabili.

Sebbene la maggior parte degli apparecchi sia stato trasferito al registro nazionale e, dunque, incamerato unilateralmente da Mosca, essi rimangono di fabbricazione occidentale. Per farli volare serve manutenzione, tanta per giunta: l’unica soluzione è sopperire alla mancanza di pezzi originali con adattamenti di produzioni interne o smontando pezzi da versioni più vecchie destinate alla dismissione.

Questo porta però ad un altro effetto boomerang: un aereo rimasto per sei mesi – al momento, ma per la fine delle sanzioni potrebbero volerci anni – al di fuori del controllo del costruttore e dei registri delle aviazioni e manutenzioni occidentali non è appetibile. Anzi, come paventano più analisti, piuttosto che prendersi il rischio di volare su aerei ‘manomessi’ e non in grado di rispettare gli standard se non a costo di revisioni costosissime, è più conveniente affidarsi ai risarcimenti assicurativi.

Dunque tali aerei sono destinati a diventare ‘ferrivecchi’ negli scali russi, non costituendo più merce di scambio: stesso destino qualora essi venissero direttamente lasciati a terra, come nel caso degli apparecchi contesi a Volga-Dnepr, in quanto perdono valore stando fermi.

 

Sanzioni ma senza tagliare i ponti

La parte ancora più significativa della storia è quella in cui la compagnia aerea russa cerca di non tagliare del tutto i ponti con i suoi clienti occidentali, sapendo che prima o poi una fine al conflitto è auspicabile.

Allora i mercati potrebbero riaprirsi e, come sostengono anche da parte russa, le compagnie aeree sono tutt’altro che interessate a ‘fare la guerra’.

Non è un caso che Volga-Dnepr sostenga in tutti i modi di stare operando per restituire i velivoli alle sue concessionarie, a dispetto delle decisioni prese da Mosca stessa. Come non è un caso che il suo patron, Isaikin, si sia defilato sia da presidente che da azionista dopo la sua iscrizione tra i ‘non desiderati’ nello UK.

Allo stesso modo egli ha venduto le sue quote in altre società logistiche europee, pur mantenendo una doppia cittadinanza cipriota che gli permetterebbe di rientrare sui mercati una volta svincolato dalle società russe.

La stessa flotta internazionale di Volga-Dnepr, specie per quanto riguarda il personale, ambirebbe a sopravvivere grazie a joint-venture con altre compagnie asiatiche o con Etihad Airways, sia secondo The Loadstar, sia secondo Kommersant, giornale finanziario russo.

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