Tutte le regioni del mondo che si trovano in alta quota, dalle meno remote per arrivare sino a quelle situate sulle catene montuose himalayane, condividono il problema degli approvvigionamenti di beni di prima necessità, in particolare nel settore medico.
Queste aree sono spesso caratterizzate da una scarsa presenza di infrastrutture e sono frequentemente soggette a eventi naturali come frane e valanghe, che possono interrompere le vie di comunicazione anche per mesi: senza arrivare al Nepal o ad altre aree del mondo che associamo a situazioni di difficoltà economica, ne abbiamo un esempio con gli eventi alluvionali che hanno colpito Cogne e parte dell’arco alpino a fine giugno 2024 e che si ripetono ormai con cadenza annuale.
Tradizionalmente, nelle regioni meno evolute o più impervie l’approvvigionamento fa ancora oggi affidamento su portatori umani e animali da soma, mentre gli elicotteri entrano in gioco solo in casi estremi e i trasporti su gomma sono condizionati dalle condizioni delle strade, oltre che dal meteo.
Si tratta in gran parte di soluzioni che non sono in grado di apportare un sostanziale miglioramento a quanto storicamente (e stoicamente) vissuto nelle aree montane: al di là dell’appartenere alla storia delle montagne in Occidente e all’attualità delle catene che superano i 4mila metri di quota, i portatori e gli animali da soma sono lenti e possono trasportare solo carichi limitati (per quanto vada dato atto delle straordinarie doti dei portatori nepalesi).
Si tratta comunque, come già detto, di pratiche di trasporto abbandonate nei Paesi occidentali per ovvie questioni che sarebbe inutile elencare. Gli elicotteri, in compenso, hanno costi operativi che non li rendono un mezzo fruibile per qualsiasi esigenza e dipendono dalle condizioni meteorologiche.
Cosa cambia con i droni
In questo scenario, i droni stanno emergendo come una soluzione rivoluzionaria per le catene di approvvigionamento in alta quota.
Essi offrono, infatti, una combinazione di velocità, economicità e capacità di volare in condizioni estreme, superando molti dei limiti dei metodi tradizionali.
Non si tratta di sole parole, c’è chi sta passando ai fatti: in India, nazione che condivide parte della catena dell’Himalaya nonché enormi aree impervie ma abitate, Skye Air Mobility, società indiana che sviluppa questo tipo di tecnologia, in collaborazione con Redcliffe Labs, che offre invece servizi sanitari privati in 150 città, sempre indiane, ha lanciato voli pilota con droni nell’Himalaya indiano, riducendo il tempo di consegna di campioni medici dalle 6-8 ore necessarie su strada a soli 90 minuti.
Si tratta di un servizio particolarmente importante in caso di frane, che possono completamente precludere l’accesso stradale ad intere aree geografiche, ma che non inficiano la capacità dei droni di volare direttamente anche sopra ai terreni più difficili, evitando ostacoli e decurtando significativamente i tempi di consegna.
Più sicurezza per le spedizioni alpinistiche
Le spedizioni alpinistiche nelle regioni in altissima quota, che si tratti di Himalaya o Ande, a partire dagli ultimi presidi abitati stabilmente fanno affidamento su portatori umani per trasportare attrezzature essenziali ai campi base: gli elicotteri entrano in gioco solo in casi eccezionali.
I portatori, quelli che in Nepal sono conosciuti come Sherpa, sono esposti a rischi enormi, dalle condizioni meteorologiche estreme alla pericolosità intrinseca degli avvicinamenti.
I droni possono ridurre questi rischi trasportando attrezzature e forniture direttamente ai campi base, migliorando la sicurezza delle spedizioni e, soprattutto, delle operazioni di salvataggio, come ha dimostrato il recupero, nel 2018, dell’alpinista scozzese Rick Allen, dato per disperso dopo 35 giorni durante una spedizione sul Broad Peak nel Karakoram.
Il drone di una coppia di fratelli polacchi impegnati a poca distanza aiutò a localizzare e salvare l’alpinista, dimostrando l’importante apporto che lo strumento può dare in simili operazioni, che rappresentano un rischio mortale anche per gli equipaggi degli elicotteri.
Droni in altissima quota per ripulire le montagne
Un altro importante utilizzo dei droni laddove solo l’uomo a mani nude potrebbe arrivare, a fronte di enormi sforzi, è il recupero di attrezzature e rifiuti abbandonati.
Ad esempio, nel giugno 2024, il produttore DJI Tech ha dispiegato una flotta di suoi droni per rimuovere rifiuti alle più alte quote dell’Everest, dando così dimostrazione del loro potenziale anche nella gestione dei rifiuti in condizioni estreme.
Durante i test, tre bombole di ossigeno e 1,5 kg di altre forniture sono state trasportate dal campo base dell’Everest al Campo 1, dopodiché i rifiuti sono stati riportati giù, contribuendo a mantenere puliti questi ecosistemi sensibili.
Questo genere di operazioni sta acquisendo sempre più campo anche nel giro delle vette che sono nel giro dei cinquemila-ottomila: oltre che per una questione di sensibilità ambientale, si tratta di una necessità dovuta all’elevatissimo quantitativo di rifiuti abbandonati dalle spedizioni nel corso di oltre cent’anni di ascensioni, amplificata adesso dal disgelo provocato dal cambiamento climatico, che porta alla luce le centinaia di cadaveri di quanti sulla montagna sono scomparsi.
Compiere queste operazioni con l’ausilio di droni riduce il rischio per gli esseri umani altrimenti impiegati, che dovrebbero svolgere attività di recupero in contesti estremamente pericolosi.
Esempi di aziende e progetti pilota
Diverse aziende stanno sperimentando l’uso dei droni per le consegne in alta quota: oltre alla già citata Skye Air Mobility, la startup indiana TSAW sta sviluppando droni progettati per operare in ambienti con aria rarefatta e condizioni meteo difficili.
TSAW ha condotto prove in ambienti difficili come il villaggio di Keylong nel distretto di Lahaul e Spiti dell’Himachal Pradesh, implementando soluzioni innovative come sistemi avanzati di navigazione e propulsione, pianificazione ottimizzata del percorso e controllo della temperatura per le batterie.
Un altro nome è quello della spagnola Wingcopter, che sta sviluppando il drone ‘Wingcopter 198’, progettato specificamente per la consegna di forniture sanitarie in ambienti difficili: i test si stanno svolgendo in tre continenti, a partire dal centro europeo sito in Extremadura, Spagna.
Ci sono poi i ‘grandi nomi’ impegnati nello sviluppo delle consegne via drone in ambiente urbano, con aziende come Amazon Prime Air e Zipline particolarmente avanti. Tuttavia, le consegne in alta quota presentano sfide uniche: il mercato urbano delle consegne offre più garanzie a fronte di problematiche da affrontare diverse, ma anche l’alta quota ha delle prospettive interessanti.
In India si prevede che il mercato dei droni genererà un fatturato di 27 milioni di dollari nel 2024, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 5,96% nel periodo dal 2024 al 2028.
Sfide tecnologiche per un drone in alta quota
Tra le sfide tecnologiche cui gli sviluppatori di droni debbono fare fronte per renderli adeguati ad operare a quote molto elevate (nei casi citati in precedenza parliamo di operatività tra i tremila ed i settemila metri sul livello del mare) ve ne sono diverse che mettono alla prova gli ingegneri che li progettano.
Basti citare le più banali, come la densità dell’aria ridotta, che può modificare la capacità di sollevamento e la stabilità del drone, o e temperature estremamente basse che possono ridurre l’efficienza delle batterie, diminuendo il tempo di volo.
In un contesto montano i droni devono affrontare venti molto forti e la possibile perdita del segnale GPS. Le aziende stanno innovando rapidamente per affrontare questi problemi, sviluppando droni con sistemi di controllo della temperatura, design aerodinamici avanzati e sistemi di propulsione più forti.
Ad esempio, il drone Matrice 300 RTK di DJI può operare a altitudini fino a 5000 m e a temperature fino a -20°C, mentre il DJI FlyCart 30 è stato sottoposto a test rigorosi di capacità di carico e di resistenza al vento e alle basse temperature.