Coronavirus, l’onda d’urto sulla logistica italiana

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L’isolamento di quello che è il quarto partner commerciale del nostro sistema industriale che ripercussioni può avere?

Fine febbraio, è questa la scadenza che gli analisti pongono come giro di boa per comprendere i reali effetti che la sospensione delle operazioni industriali e l’isolamento della Cina in questa emergenza sanitaria – dovuta all’ormai notissimo Coronavirus – provocherà sui flussi logistici che interessano la nostra economia.

I primi a soffrire, soprattutto se la ripresa delle attività in Cina, già slittata una volta al 17 febbraio,  dovesse essere ancora rallentata dagli svariati effetti collaterali del Coronavirus, sarebbero i porti.

Si tratta di uno scenario assai delicato, che mette in luce come il sistema economico mondiale, non solo italiano, non possa più fare a meno del partner cinese, per altro cercato proprio dall’Occidente sviluppato: Wuhan, inoltre, è a capo di un distretto industriale strategico per molti settori dell’industria italiana.

Quali dunque le conseguenze?

Il Coronavirus decima i container

A stimare il possibile danno cui i porti italiani dovranno fare fronte a partire da fine febbraio è il Freight Leaders Council.

La voce che analizza l’andamento del settore logistico italiano parla chiaro: in ballo c’è un -20% sui flussi di traffico dei container in transito nei porti strategici dello stivale.

Il dato si ripercuoterebbe, come un effetto domino, su tutta la filiera che da questi porti (Genova e Salerno, per citarne due) trae linfa, ossia spedizionieri, autotrasportatori, magazzinieri, giungendo sino ai settori industriali che riforniscono.

Tra i primi sintomi del Coronavirus sui servizi collegati, si registra già adesso un aumento dei costi di spedizione da e per la Cina, mentre le portacontainer accumulano ritardi nei loro viaggi a causa della carenza di personale in servizio nei porti cinesi.

Attenzione all’import-export di qualità

Se per le strade i Cinesi sono spesso visti come venditori di merce di scarsa qualità, il punto di vista dell’industria specializzata è ben altro. Dalla Cina – e proprio dalla regione dello Hubei – arrivano importanti forniture per i settori tessili e dell’abbigliamento, dell’elettronica e dell’hi-tech, di macchinari, di manufatti in plastica e metallo.

Nel 2018 le importazioni dalla Cina verso l’Italia hanno avuto un valore di 30,8 miliardi di euro, secondo dati del Ministero degli Affari Esteri. L’export è valso invece, nello stesso anno, 13,2 miliardi di euro, facendo della Cina il quarto partner commerciale per l’Italia, con esportazioni prevalentemente nei settori chimico, farmaceutico, automobilistico dell’arredo e dell’abbigliamento.

Il Coronavirus mette a rischio il rating cinese

La sola città di Wuhan, epicentro dell’epidemia di Coronavirus, specializzata nell’hi-tech e nell’automotive, rappresenta l’1,6% del PIL nazionale: S&P Global Ratings ha stimato una decrescita del PIL nazionale cinese di 1,2 punti percentuali, che impatterebbe in maniera considerevole sul mercato globale.

Italia, un sistema portuale debole

Non si scopre che l’acqua calda osservando che un’interruzione degli approvvigionamenti via mare dalla Cina all’Italia, al momento procrastinata solo grazie alle scorte di prodotti, metterebbe a nudo le debolezze strutturali del sistema portuale della penisola.

Quello che infatti giunge da Pechino&Co. rappresenta il 18% del traffico containerizzato in transito nei nostri porti, almeno rispetto ai 10,3 milioni di TEU movimentati da quelli principali nel 2018 (dato centro studi Federspedi).

Una bilancia commerciale che, tradotta in container, sviluppa 1,1 milione di TEU in entrata e 800 mila in uscita.

Una perdita, quella del traffico container da e per la Cina, che andrebbe ad indebolire ancora di più il sistema portuale italiano, già minato nella competitività negli ultimi anni. Infatti, nei 13 scali nazionali dove sono presenti terminal container, la capacità teorica di movimentazione è di 16,7 milioni di TEU, che vuol dire circa il 60% di quella registrata nel 2018 (10,3 milioni). Negli ultimi vent’anni, quando altri porti del Mediterraneo crescevano fino al 500% nel traffico container, l’Italia aumentava solo del 50% (dati Conftrasporto-Confcommercio). E negli ultimi cinque non è riuscita a raggiungere gli 11 milioni di TEU, arrivando ai 10,3 del 2018.

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