Il calo della domanda ridimensiona le scorte di magazzino

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Si dice, spesso, che il magazzino sia il termometro capace di misurare la salute di un’azienda e, di riflesso, il comportamento del mercato: la sua corretta gestione, infatti, dipende dai processi produttivi e commerciali, che, a sua volta, contribuisce a determinare. Il periodo pandemico ha, in molti casi, stravolto la logistica di magazzino ed i trasporti ponendoli al centro di contraddizioni […]

Si dice, spesso, che il magazzino sia il termometro capace di misurare la salute di un’azienda e, di riflesso, il comportamento del mercato: la sua corretta gestione, infatti, dipende dai processi produttivi e commerciali, che, a sua volta, contribuisce a determinare.

Il periodo pandemico ha, in molti casi, stravolto la logistica di magazzino ed i trasporti ponendoli al centro di contraddizioni dovute sia al fermo di talune attività per esigenze sanitarie, sia all’anomala ed imprevista crescita dell’e-commerce.

Il ritorno alla “normalità” prevedeva, accanto ad una analisi critica dei limiti mostrati dal modello di business impiegato, anche una maggiore attenzione ai trend del mercato.

La costante lettura dei comportamenti dei consumatori e le influenze esercitate dai mutamenti socioeconomici in atto, appare, infatti, una condizione essenziale per anticipare i cambiamenti e porre in atto reazioni più celeri ed adeguate.

Accortezza che è alla base delle decisioni che lo scenario di mercato, delineatosi nel secondo semestre di quest’anno negli Stati Uniti come in Europa, sta contribuendo a far assumere a molte aziende soprattutto nel settore dei beni durevoli.

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Il calo di domanda 

Le ripercussioni della perdurante crisi energetica e l’aumento dei tassi di inflazione, in alcuni mercati significativi tornati a due cifre (Germana e Italia), l’aumento delle materie prime e le crescenti preoccupazioni per il conflitto russo-ucraino, hanno in buona parte “gelato” quella sostanziale ripresa dei consumi che molti si attendevano.

In alcuni settori, come ad esempio quello dei beni durevoli tra cui gli elettrodomestici, l’elettronica di consumo, telefonia e personal computer compresi, si assiste alla tendenza dei consumatori a ritardare gli acquisti dando priorità ad altre spese ritenute essenziali.

Né le previsioni a breve e medio termine appaiono rassicuranti. La maggior parte degli analisti di settore ritiene infatti che i comportamenti dei consumatori non cambieranno almeno sino alla fine del primo semestre 2023 e molto dipenderà, oltre che dal miglioramento del potere d’acquisto, dal generale clima di incertezza che pervade i mercati.

Molto spesso, infatti, oltre alla percezione dei fenomeni, consumatori ed aziende faticano a dar loro una dimensione quantitativa ed una prospettiva temporale in modo da consentire la pianificazione di eventuali interventi.

 

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Tagli di produzione e scorte

In questo contesto, che mostra una forte preoccupazione delle aziende ed un altrettante significativa accortezza da parte dei consumatori, l’iniziativa più ricorrente è quella del taglio della produzione nel terzo e quarto trimestre 2022 ponendosi in uno stato di “attenzione” per l’inizio 2023.

E’ questa la situazione che si riscontra nel comparto degli elettrodomestici, sia del bianco che del bruno, dove in alcuni casi, ad esempio Whirlpool, i tagli produttivi hanno raggiunto il 35% ritornando ai livelli del 2020, quando si stava affrontando l’emergenza Covid-19.

L’obiettivo è quello di ritrovare un equilibrio con le scorte di magazzino a fronte di flessioni delle vendite spesso a doppia cifra.

Aumento delle scorte che è alla base dei tagli produttivi decisi anche da LG, altro gigante del settore degli elettrodomestici.

Non va meglio nel mercato della telefonia, smartphone in particolare, dove la stessa Apple ha ridotto la produzione dell’ultimo nato I-Phone 14 anche se, nel globale appare ancora l’unico marchio unitamente a Samsung a mostrare una forte resilienza.

 

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Vera causa è la perdita di potere d’acquisto

L’opinione diffusa è che il calo delle vendite non sarebbe da imputare al ridotto interesse per il prodotto ma piuttosto alla perdita di potere d’acquisto.

Particolarmente forte, infine, la riduzione delle vendite di PC, siano essi notebook che desktop, con un -18% a livello mondiale con un improvvisa e rapida flessione di tutti i segmenti di mercato che sta colpendo non solo le case produttrici ma anche i fornitori e tutte le parti coinvolte nella catena di approvvigionamento.

In questo contesto giocano negativamente i produttori più piccoli di componenti che stanno riducendo le loro produzioni e azzerando le scorte di magazzino.

Anche in questo caso le motivazioni del diminuito interesse dei consumatori vanno ricercate nell’aumento dei costi di altri beni e servizi che sottraggono risorse, il costo dei prestiti che colpisce le aziende che in tal modo rinunciano ad aggiornamenti hardware e la riduzione dei finanziamenti nel settore pubblico per l’area education.

Per contro le aziende, tutte con una crescita annua di fatturato negativa con la sola eccezione di Apple, scontano, oltre a fattori macroeconomici come l’inflazione elevata, anche l’aumento dei tassi di interesse e le scorte di magazzino in eccedenza.

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